Accanto a lui, come una madonna pellegrina, la neo presidente della Sardegna, Alessandra Todde, acclamata come una star, che cita Berlinguer: «Proprio lui parlava della similitudine tra sardi e abruzzesi, rudi, seri e laboriosi. Sono qui per dirvi che si può fare, ma il cambiamento non ce lo regaleranno, dobbiamo prendercelo».

IL COMIZIO FINISCE con D’Amico che distribuisce copie della Costituzione dal palco, una sorta di “comunione laica”, di cui si fa officiante: «Il vento del cambiamento si è alzato e ci porterà molto lontano», prova a gridare con la voce indebolita dai tanti comizi. «Sei mesi fa mi chiedevano “Ma chi te lo fa fare? oggi mi chiedono cosa faremo nei primi 100 giorni. E io rispondo “cose meravigliose”.

A DESTRA, SOTTO UN TENDONE nella Villa comunale, suona un’altra musica. La guest star (dopo il forfait improvviso di Guido Bertolaso, che forse ha fiutato l’aria) è il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, arrivato con i governatori di Lazio, Marche, Umbria e Molise per dare manforte a Marsilio: ricorda tutti i soldi che ha destinato all’Abruzzo (circa 200 milioni), da ultimo 5 milioni per il teatro de l’Aquila, e poi va al sodo: «Questa regione non può tornare nella palude del Pd, non può tornare nelle mani dei comunisti: perché loro sono ancora comunistiiii! Sono ancora radicati in una ideologia nefasta e antiliberale». Applausi. Lui non si ferma: «Certo che ho dato risorse per la cultura in Abruzzo, li dovevo forse dare ai loro amichetti registi che fanno film da 14 spettatori? Io non spendo milioni di soldi pubblici per finanziare le terrazze romane radical chic che ci guardano dall’alto in basso».

Marsilio, come già aveva fatto martedì sera a Pescara con Meloni e gli altri leader, dedica quasi tutto il suo intervento a due temi: l’attacco a testa bassa contro l’ex governatore Pd Luciano D’Alfonso e lo sforzo per dimostrare di essere abruzzese. «D’Alfonso è uscito dallo sgabuzzino dove l’avevano infilato, ora straparla e minaccia i direttori delle Asl: meglio così, gli abruzzesi hanno capito che se vince la sinistra tornerebbe un padrone prepotente e incapace che dovette scappare. Il loro campo abnorme non fa paura a me ma agli abruzzesi, come farebbero a formare una giunta se non salgono neppure sullo stesso palco?». Ancora una bordata ai commissari per la ricostruzione «che ci sono stati mandati dal soviet dell’Emilia-Romagna». Lo spazio dedicato alle cose fatte si riduce a un video in cui il governatore parla di come spenderà gli 1,2 miliardi di fondi di coesione che Meloni ha assegnato alla regione pochi giorni fa. Stop.

LA VERA MOSSA ELETTORALE il governatore l’ha fatta riunendo ieri la giunta, a due giorni dal voto, per approvare spese per circa 100 milioni di euro: di questi 21 milioni per «progetti inerenti lo sviluppo economico e l’informatica», 15 per la messa in sicurezza del territorio, 2,5 per la difesa della costa nel Comune di Martinsicuro, 800mila per associazioni di volontariato, e tranche tra 100mila e 500mila per «il ripascimento e manutenzione» dei litorali nei Comuni di Alba, Pineto, Silvi, Montesilvano, Francavilla e Ortona. A cui si aggiungono 3 milioni per il recupero di villa e parco Torlonia ad Avezzano. Scelte contro cui si scaglia D’Amico: «Ci attiveremo con gli organi di garanzia e tutte le magistrature competenti per ripristinare lo stato di diritto». Piccolo dettaglio: l’ultimo confronto tv andato in onda ieri sera su Tv8 era stato registrato la mattina, prima che la giunta deliberasse. E così D’Amico non ha potuto obiettare.

DAL PALCO IL CANDIDATO del centrosinistra se la prende anche con Meloni, che aveva profetizzato «effetti devastanti» per l’economia abruzzese nel caso di un cambio alla guida della regione: «Nel 2024 ci tocca sentire di una premier che dispone di fondi pubblici a suo piacimento sulla base dell’appartenenza e dell’amicizia con chi amministra le regioni, è una cosa inaccettabile». Todde gli dà manforte e rincara: «Scandaloso che una premier dica queste cose», D’Amico insiste sulla necessità di portare lavoro sicuro e ben pagato in Abruzzo, «per quei 55mila nostri giovani disoccupati». E parla della città ferita dal terremoto di 15 anni fa, ancora piena di cantieri: «La ricostruzione va completata, sono stati i nostri governi e parlamentari a far arrivare qui 25 miliardi, oggi la città è persino più bella di prima: la capacità che ha avuto di rialzarsi si deve stendere a tutta la regione. Il nostro primo obiettivo sarà aiutare quel 12% delle famiglie che vivono sotto la soglia di povertà». Todde chiude con una stoccata a Marsilio: «Quando ero al ministero dello Sviluppo ai tanti tavoli di crisi di aziende abruzzesi non l’ho mai visto. Sono qui per dirvi che il cambiamento si può fare, se non ci crediamo noi le cose non succedono».