«Reduci dal terremoto, vittime dello Stato». L’Aquila scende in piazza e protesta, a voce alta, contro uno Stato che «non rispetta le sue leggi» e contro un’Europa che «con una mano cerca di risollevarti e con l’altra ti affonda».

Sono 5mila in corteo, contro il pastrocchio delle tasse: dalla Fontana luminosa, passando per un centro storico ancora incerottato e zeppo di gru, dopo i danni del disastro del 2009, e con arrivo alla villa comunale.

Il cratere sismico marcia sull’onda della rabbia e dell’incredulità: imprenditori, commercianti e studenti, organizzazioni di categoria, famiglie, con politici e amministratori, nella manifestazione organizzata da Comune e Regione Abruzzo per dire no alla restituzione per intero di tributi e contributi del 2009 e 2010.

Di essi, come stabilito da una legge del 2011 del governo Berlusconi, avrebbe dovuto essere ridato il 40%. Invece, dopo un intervento a gamba tesa dell’Europa, che ha dichiarato quelle agevolazioni «aiuti di Stato, mai notificati all’Ue» e quindi illegali, il governo pretende di riavere le somme per intero, gravate da sanzioni ed interessi.

Si tratta di circa 75 milioni.

All’inizio le cartelle esattoriali imponevano i pagamenti entro 60 giorni; adesso, con provvedimento del governo uscente, c’è stata una proroga di 120 giorni. Domani la questione sarà affrontata dal Tar.

Ad aprire il serpentone, infarcito di neroverde, «i colori del lutto e della speranza» adottati dalla città dopo il terremoto del 1703, ci sono i gonfaloni e lo striscione «No al terremoto fiscale». E poi caschi gialli, quelli per la sicurezza, e fasce tricolori.

«Qui avrebbe dovuto esserci tutta l’Italia – dice Ezio Rainaldi, di Confindustria – perché noi siamo un pezzo di questo Paese e una vicenda del genere non s’è mai vista nella storia della Repubblica. Va ad intaccare aziende storiche, pubbliche e private. Non è possibile che quattro governi si siano trascinati questa faccenda per 8 anni, senza tentare di risolverla, e che ora l’ultimo, facendo perbenismo con l’Ue, faccia pagare ad un territorio gli errori dello Stato. E poi – evidenzia – tutti i soldi dati alle banche, non sono aiuti di Stato?».

«Si tratta di una giustizia incredibile e di un danno micidiale – attacca Giovanni Lolli, vice presidente della Regione -. E’ una iniziativa per la legalità, non chiediamo condoni. Questo è il posto dove, nel Paese, si pagano le tasse più alte: le tasse ordinarie più la rata di restituzione. Lo Stato rispetti le sue leggi. Al governo Letta, al governo Renzi, al governo Gentiloni abbiamo chiesto fondamentalmente di trattare con l’Europa da forza politica, cioè quello che è stato fatto con le quote latte, quello che questo governo sta facendo con l’Ilva. Invece la nostra vicenda è stata lasciata trattare da funzionari, magari gli stessi che avevano dimenticato di fare la notifica, e abbiamo visto com’è andata a finire: c’è stata la procedura di infrazione; il governo ha resistito un anno poi ha mollato. Molte delle aziende coinvolte – spiega – non sono in grado di pagare e chiuderanno, altre più solide avranno un buco e non potendolo noi ripianare dovranno portare i libri in tribunale, con centinaia di posti di lavoro che si perderanno».

«Il Pil, dopo il sisma – ricorda il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi – ha avuto un crollo di 971 milioni in Abruzzo, oltre a sofferenze, lacrime versate e fatiche fatte. Abbiamo dovuto lottare per quelle agevolazioni, prendere denunce e botte. Non ci siamo accomodati, non ci siamo arresi, abbiamo saputo mettere da parte gli egoismi e rimboccarci le maniche. Adesso ci vorrebbero seppellire. Ma siamo qui a lottare; non è solo mobilitazione per l’Aquila, è una battaglia di civiltà che serve alla nazione».

Al suo fianco sfila la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni che dice: «Una vergogna, non si può crocifiggere questa gente. Ho consegnato al presidente della repubblica un dossier. E’ una Europa incapace di distinguere i drammi».

Ci sono inoltre parlamentari del Pd (Stefania Pezzopane), di Idea (Gaetano Quagliariello) e di Forza Italia (Nazario Pagano). «Se nessuno ci ascolterà – butta lì Lolli in chiusura – mi sa che ci dovremo fare una camminata a Roma. Un’altra volta…».