Accelerare la collaborazione tra Italia e Libia per fermare i flussi di migranti in arrivo sulle nostre coste. E’ quanto ha chiesto ieri la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese al premier libico Abdulhamid Dabaiba nel corso di una visita nel Paese nordafricano.

Dopo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nel giro di pochi giorni Lamorgese è il secondo esponente del governo a recarsi in Libia, ancora una volta alla ricerca di una soluzione che permetta di arginare le partenze dei barconi carichi di migranti, motivo per cui la titolare del Viminale è da giorni nel mirino della Lega. Lamorgese ha confermato la volontà italiana di «sviluppare, in collaborazione con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni» il progetto portato avanti dal Viminale riguardante le frontiere meridionali libiche», principali porte di ingresso dei migranti nel Paese. Contemporaneamente ha assicurato l’impegno finanziario dell’Italia per promuovere lo sviluppo rurale della regione del Fezzan, quella maggiormente interessata dai flussi.

Ma quella di ieri per la ministra è stata una giornata di contatti internazionali. Prima di partire per la Libia, Lamorgesea ha infatti avuto un colloquio telefonico con la commissaria Ue agli Affari interni Ylva Johansson alla quale ha chiesto un maggior impegno dell’Europa nell’affrontare l’emergenza sbarchi. Sembra ormai scontato che si arriverà entro il mese a un vertice straordinario dei ministri dell’Interno nel quale si discuterà anche di quanto sta accadendo alla frontiera tra Lituania e Bielorussia. Nel frattempo Lamorgese ha chiesto a Johansson l’avvio immediato tra gli Stati di un meccanismo che consenta l’approdo sicuro alle navi delle ong battenti bandiere europee, il rilancio della trattativa sul Patto immigrazione e asilo e interventi economici a favore dei Paesi di origine e di transito dei migranti.

Intanto si fa sempre più difficile la situazione dei migranti a bordo della Sea Watch 3: «Sono allo stremo, molti sono feriti e traumatizzati», hanno denunciato ieri i volontari della ong.