L’American Dream è in fiamme
Stati uniti In California gli incendi stanno devastando la provincia americana, quella «suburbia felix» già corrosa da un’insostenibile urbanizzazione delle campagne. Una catastrofe annunciata. E con il mutamento climatico che accentua siccità e venti caldi, sono inevitabili le polemiche tra l’ambientalista governatore californiano Brown e il negazionista paleo-industriale Trump
Stati uniti In California gli incendi stanno devastando la provincia americana, quella «suburbia felix» già corrosa da un’insostenibile urbanizzazione delle campagne. Una catastrofe annunciata. E con il mutamento climatico che accentua siccità e venti caldi, sono inevitabili le polemiche tra l’ambientalista governatore californiano Brown e il negazionista paleo-industriale Trump
Almeno ventuno morti, 500 km quadrati bruciati, 25.000 evacuati: i numeri degli incendi che hanno ingolfato la California sono impressionanti, specialmente il dato inquietante che parla di «oltre 180 dispersi» nella densa cortina di fumo rossastro che avvolge vaste sezioni soprattutto delle contee di Napa e Sonoma, il cuore della regione vinicola nota come la Toscana della California.
Un esercito di 4.000 pompieri sono impegnati nella lotta contro le fiamme in 17 distinti focolai che hanno cinto d’assedio principalmente Santa Rosa, 90 km a nord di San Francisco.
Le immagini riprese dai droni qui rivelano la ridente località mutata in inferno apocalittico con dozzina dopo dozzina di case ridotte in cenere dalle fiamme, spesso sopraggiunte solo pochi minuti dopo la precipitosa fuga degli inquilini. Un totale di 2.000 strutture sono andate perdute e l’emergenza continua.
IL PICCOLO CAPOLUOGO è prototipo di cittadina «suburban» della tranquilla provincia americana, nota soprattutto come la città di Charlie Brown grazie al suo più celebre cittadino, Charles M. Shultz, che qui abitò e creò la sua striscia (a lui è tutt’ora intitolato il piccolo aeroporto).
L’inferno stavolta si è quindi abbattuto su un angolo idilliaco di paradiso californiano, incorniciato da colline ricoperte di vigneti e punteggiate da querce native, vicine a boschi di redwood secolari che scendono verso tratti di costa che sono fra i più suggestivi dello stato.
Fra le località interessate si contano Napa, Healdsburg, Geyersville, Sebastopol, Calistoga, una ridente regione nota per la villeggiatura e la gastronomia che con poche ore d’avviso si è risvegliata epicentro di un disastro di insospettata violenza. Il governatore Brown ha dichiarato lo stato di emergenza.
GLI INCENDI SONO PARTE intrinseca del ciclo ecologico della California dove anche in condizioni normali le fiamme spazzano regolarmente i boschi e la macchia (come in tutte le regioni a clima mediterraneo).
Ogni autunno la stagione dei fuochi arriva spinta dai venti torridi che soffiano dai deserti interiori del Great Basin verso le coste. A sud sono i santa anas, nel nord li chiamano diablos – quelli che Raymond Chandler descriveva come «venti rossi» che «scendono dai passi montani, arricciano i capelli, fanno prudere la pelle e saltare i nervi».
Quando arrivano in prossimità delle coste possono ululare nelle gole e nei canyon con raffiche fino a 70 km orari. Nell’aria calda e secca basta una cicca o una scintilla – naturale o dolosa – a far scoppiare il finimondo. Nelle risultanti «tempeste di fuoco» le fiamme si muovono con la velocità di un’automobile e possono saltare autostrade di otto corsie.
CON REGOLARE PUNTUALITÀ è ciò che è successo anche questo ottobre sulle Anaheim Hills, vicino Los Angeles dove i santa ana hanno innescato un incendio che negli ultimi tre giorni ha divorato 3.000 ettari di terreno e 23 abitazioni.
Ben più catastrofici stavolta si sono rivelati i diablos abbattutisi sul nord. Le fiamme hanno spazzato canyon dove case e fattorie si inerpicano sulle colline trovando a Napa e Sonoma una geografia sempre più tipica caratterizzata dalla «suburbanizzazione» delle campagne e degli hinterland limitrofi, una edificazione a bassa densità che si spinge sempre più addentro territori in cui il fuoco è parte di una naturale ecologia degli incendi, esponendo un numero sempre maggiore di persone alla catastrofe annunciata.
Si tratta, va detto, di una dinamica alimentata da un’industria edile e immobiliare che conosce l’unico dogma dello sviluppo in crescita costante, senza badare a considerazioni territoriali o di sostenibilità, nel nome del mito persistente del villino monofamiliare come fondamento di «sogno Americano».
Per questo, nella gerarchia naturale delle psicosi californiane, gli incendi – anche se più prevedibili, ad esempio, dei terremoti – sono anche quelli che hanno il maggiore impatto, proprio perché interessano uno dei paesaggi più topici: la «suburbia felix» che ricopre territori sempre più vasti a costi economici e ambientali sempre più elevati.
E SONO DINAMICHE destinate solo ad accentuarsi. Come gli uragani che quest’anno hanno ripetutamente dimostrato intensità rapidamente crescenti, il mutamento climatico accentua i cicli meteorologici alla radice di siccità e venti caldi che alimentano gli incendi.
Il fenomeno non è limitato alla California; in tutto il quadrante semi arido americano e canadese che va dal Pacifico alle montagne rocciose quest’anno sono bruciati ad oggi tre milioni e mezzo di territorio. Intanto la congiuntura di maggiore pressione antropica, consumo insostenibile del territorio e mutamento climatico promettono una frequenza sempre maggiore di catastrofi «naturali».
SARANNO INEVITABILI le polemiche, stavolta semmai accentuate dalla guerra ideologica che contrappone su opposti versanti l’ambientalista governatore californiano Jerry Brown e il negazionista paleo-industriale Donald Trump. Nel frattempo da Napa a Mendocino il problema è più drammatico e immediato.
Centinaia di migliaia di persone rimangono senza elettricità, migliaia sono ancora nei centri di evacuazione e potrebbero passare settimane prima che possano tornare alle loro case o ciò che ne resta. Le autorità non prevedono di poter controllare del tutto il Tubbs fire che minaccia tuttora parti di Santa Rosa prima dell’inizio di novembre.
Al danno umano si aggiunge quello economico, al settore turistico e soprattutto vinicolo della regione. Napa e Sonoma sono le due denominazioni più pregiate dei vini californiani, gli incendi non potevano essere meno propizi. In alcuni casi l’intensità della fiamme ha distrutto i vitigni.
DIVERSE AZIENDE VINICOLE sono state danneggiate dagli incendi e altre sono impossibilitate a completare la vendemmia di varietà come il cabernet sauvignon in corso proprio in questi giorni. La Jackson Family Wine ha interrotto la vendemmia per il pericolo di intossicazione da fumo delle maestranze.
Inoltre i danni all’infrastruttura energetica e la chiusura delle strade rendono oltremodo difficile le già complesse operazioni di raccolta.
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