Sale la tensione tra Roma e Bruxelles mentre la manovra ha iniziato la sua marcia a tappe forzate in commissione Bilancio a Montecitorio. A farla impennare non sono solo i rilevi che, pur in una valutazione complessiva positiva, la Commissione ha mosso alla legge di bilancio. Ci sono anche quelli e saranno pure «il pelo nell’uovo», come sostiene il governo italiano, ma incidono e anche più di quelli sull’eterna disfida del contante incidono le critiche per la mancata riforma del catasto, che per questa maggioranza è quasi un tabù, e per la riduzione dell’Iva.

Ma la vera spina nel fianco è il solito Mes. Christine Lagarde esce allo scoperto e pressa: «Ci auguriamo che l’Italia ratifichi presto il Mes, che è parte importante dell’unione bancaria». Aggiunge un chiarimento che ha un sapore minaccioso: specifica che l’Omt, il programma di acquisto titoli da parte della Bce ideato da Draghi, potrebbe scattare anche senza ratifica del Mes. Si tratta del famoso «bazooka di Draghi» mai messo in pratica: l’acquisto diretto e illimitato dei titoli dei Paesi in conclamata difficoltà da parte della Bce, che presupporrebbe drastiche misure di ristrutturazione del debito in quegli stessi Paesi.

L’affondo della presidente della Bce è una risposta diretta alle parole del giorno precedente del ministro Giorgetti, cioè alla scelta del governo di non ratificare la riforma del Mes, verso il quale il ministro è stato anzi molto critico, rinviando la scelta alle Camere. Ma in Parlamento la ratifica non avrà vita facile, data la presenza di un robusto fronte anti Mes non solo nella Lega ma anche in Fi, che da questo punto di vista si è spostata verso i falchi, e della stessa FdI, che tra le sue bandiere ha sempre avuto proprio l’opposizione al Meccanismo di stabilità. Forti di una risoluzione che già impegna il governo in questo senso, i falchi anti Mes si preparano a trincerarsi dietro la richiesta di rinviare tutto a dopo la revisione dei trattati europei. Storia lunga, forse lunghissima, e con 18 Paesi su 19 che hanno firmato la riforma (la Germania sta per firmarla) si può capire quanto male verrebbe preso a Bruxelles il blocco.

Ma se la Commissione è irritata e non lo nasconde, il governo italiano lo è altrettanto. In questo caso la pietra dello scandalo sono la scelta della Bce di alzare di altri 50 punti i tassi, peraltro prevista, e le parole della presidente Lagarde, che già promette una nuova stretta. L’inflazione continua a mordere. Non è previsto il rientro nei valori normali a breve. Conclusione: «Sono attesi altri rialzi di 50 punti base per un certo periodo di tempo». Il plurale lascia intravedere rialzi a raffica. La conseguenza è immediata: lo spread s’impenna fino a 202 punti base. Il ministro Crosetto s’imbestalisce e lo cinguetta perché sia ben chiaro: «Non ho capito il regalo di Natale che la presidente ha voluto fare», attacca il ministro che definisce le decisioni della Bce «prese e comunicate con leggerezza e distacco».

È in questo clima che la maggioranza valuta le possibili modifiche alla manovra. La mano tesa alla Commissione sarà sul tetto Pos che scenderà certamente da 60 a 40 euro ma forse anche a 30. Sul tetto di 5mila euro per il contante e sulla Flat Tax invece non sembra siano ancora previsti incisivi passi indietro e neppure in avanti sul cuneo fiscale. Sul fronte occupazione e costo del lavoro sembra però ormai certo l’accoglimento della richiesta azzurra di alzare la detassazione delle imprese per i nuovi assunti, così come anche dell’aumento delle pensioni minime a 600 euro, però per una platea molto ridotta, gli ultra 75enni e probabilmente neppure tutti ma solo in alcune fasce. Niente da fare invece per la proroga al 31 dicembre della dichiarazione di inizio lavori necessaria per accedere al bonus 110%. Costerebbe molto e già così pesa troppo sul debito pubblico. Che fare per raggranellare qualche milioncino in più? Ovvio: picchiare ancora sul Reddito di cittadinanza. Perché mai lasciarlo per 8 mesi nel 2023 quando con soli 7 mesi si risparmierebbero oltre 200 milioni? Il relatore avanza la proposta. Finirà per passare dato che i percettori di reddito sono per definizione deboli. Con loro non c’è da preoccuparsi.