Racconti su commissione (9)
Parte Terza. Come affrontai per tre volte la vertigine del doppio precipizio

(La Parte Prima e Seconda sono state pubblicate su Alias il 3 dicembre 2022 e il 7 gennaio 2023)

Avevo quarantadue anni, stavo nel mezzo di un doppio precipizio. Parlare precipitevolissimevolmente o tacere sino alla fine? Tornare nella città o ritirarmi? Ho deciso. Né Roma, né Orte, non solo le parole, non solo le immagini, ma il nome e l’ombra della cosa. Ho afferrato la cinepresa, ho percorso e registrato le città, i mari, le montagne, le parole, i silenzi. Ho fatto il film che dovevo fare.

Avevo ventiquattro anni. Vivevo e studiavo a Roma. Camminavo nel suo centro del centro nell’anno 1972, e si è materializzato intorno a me un doppio precipizio. Davanti a me, «il precipizio della scienza che organizza gli uomini». Il marxismo e la sociologia, le previsioni certificate, la promessa scientifica del mondo libero dal bisogno, dal passato, dallo sfruttamento, dal pregiudizio. Ah! la società razionale dai meccanismi regolari, gli uomini-massa dai comportamenti ordinati, calcolabili, calcolati! Alle spalle ormai le puerili religioni, le irragionevoli speranze. Davanti, le leggi ferree della oggettività, l’universo della precisione, della soluzione finale dei problemi e dei dolori.

In alto, sopra di me, l’altro precipizio, «il precipizio dell’arte come mondo parallelo al mondo reale». Le guglie delle chiese barocche, le ragnatele di decorazioni, l’intrico di stucchi. Ah! l’arte che libera dal peso e dalla grossolanità del quotidiano, supera d’un colpo i confini del mondo reale e inventa un altro mondo, più vero, più giusto, il mondo parallelo delle ombre. L’arte come arte della fuga.

Da una parte la perfetta scienza, dall’altra l’arte pura. Davanti la cosa ridotta a numero, sopra l’ombra della cosa. Cosa mi ha trattenuto sull’orlo del precipizio? Come ho potuto evitare di piombare in rapida caduta, scegliendo una delle tentazioni che si offrivano al mio passo? Ho deciso. Né la disciplina della necessità scientifica, né l’intuizione dell’arte segreta. Non una professione, non una carriera, non l’occhio della mente contro l’occhio che pensa. Ho visto e trascritto lo strabico percorso che traversava le strade della terra e le onde del mare, i numeri e le cose, la forma dei numeri e la forma delle cose. Ho scritto sulla pagina di carta e sulla tela dello schermo, con l’inchiostro e con la luce.