Il durissimo limbo Embraco continua, ma produce qualcosa di nuovo: una ritrovata unità sindacale che a Torino non si vedeva da oltre dieci anni. Fiom, Fim e Uilm hanno annunciato, ieri, uno sciopero generale dei metalmeccanici torinesi a sostegno della vertenza, con una manifestazione – a cui parteciperanno i segretari generali – che si terrà entro il 15 marzo, e un’assemblea unitaria convocata per il 2 marzo, che vedrà confrontarsi i delegati delle fabbriche torinesi in crisi. Non pochi perché la crisi qui, nel vertice principale del vetusto triangolo industriale, non se n’è mai andata, nonostante le alterne attenzioni mediatico-politiche. Le tute blu in provincia di Torino sono 100 mila, non una specie in estinzione ma un corpo sociale tuttora importante.
«Se siamo insieme è meglio», ha dichiarato Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom, presentando l’iniziativa con Dario Basso (Uilm) e Claudio Chiarle (Fim), di scendere in piazza per scongiurare la conferma dei 500 licenziamenti collettivi, che scatteranno il 25 marzo, decisi dall’azienda brasiliana controllata dalla multinazionale statunitense Whirpool, già pronta a trasferire il sito produttivo in Slovacchia. È importante «battere un colpo» anche dopo l’appuntamento elettorale e dopo l’attuale passerella di politici. Lo sciopero generale è un cambio di passo, bisogna risalire alla Thyssen per ricordarne uno simile. In mezzo c’è stato il referendum in Fiat con la conseguente frattura del tavolo sindacale.
«La vicenda Embraco – ha aggiunto Bellono – è lo spunto perché le problematiche che stanno vivendo quei lavoratori sono le stesse che altri avevano vissuto nel recente passato e che altri dovranno, purtroppo, vivere nei prossimi mesi. La ripresa di cui tanto si parla non ha generato, finora, un aumento o un miglioramento dell’occupazione». Embraco non è un caso isolato. Alla Comital di Volpiano, negli scorsi mesi, 140 lavoratori si sono battuti per difendere l’occupazione: si è arrivati a un accordo per la cassa integrazione straordinaria. Poi, ci sono i fronti aperti della Cabi di Vauda Canavese e della Carlson wagonlit, dove un’altra multinazionale è pronta a lasciare Torino.
Oggi pomeriggio all’Unione industriale di Torino si terrà l’incontro tra i sindacati e l’Embraco. «Ci aspettiamo che ci facciano proposte, ce lo hanno anticipato al ministero, ma se pensano al part time abbiamo già detto di no, è una proposta provocatoria, ci alzeremo e andremo via. Non faremo mai un accordo che preveda i licenziamenti alla fine del percorso», afferma Dario Basso, Uilm. «Non mi aspetto alcuna proposta alternativa, sarebbe un colpo di scena», dice Ugo Bolognesi, responsabile Embraco della Fiom. «Per noi l’Embraco – precisa Bellono – resta fino all’ultimo uno degli interlocutori della vicenda, non la consideriamo sparita». Mentre corre voce di un piano di reindustrializzazione a cui starebbe lavorando il ministero dello Sviluppo economico, la Fim con Chiarle lancia una non troppo velata critica a Carlo Calenda: «Le trattative hanno delle tempistiche e il ministro Calenda forse ha un po’ bruciato i tempi che potevano consentirci di fare ancora una trattativa con un’azienda che, comunque, ha avuto atteggiamenti inqualificabili».
Intanto, continua il presidio a Riva di Chieri dove da sempre si producono compressori per frigoriferi ed elettrodomestici. I lavoratori dell’Embraco si augurano di non essere lasciati soli dopo il 4 marzo. Al 25 marzo manca solo un mese.