«La pandemia e il calo del prezzo del greggio stanno cambiando gli equilibri del Medio Oriente. L’Arabia Saudita perde parte del suo potere, mentre Paesi come Iraq, Kuwait e Oman già attraversano serie difficoltà finanziarie».

Così commenta il politologo iraniano-statunitense Vali Nasr, professore alla Johns Hopkins University. In merito alla diffusione del Covid-19 nella regione osserva: «La tragedia che colpisce l’Iran lascia presagire possibili riallineamenti interni da cui potrebbero trarre vantaggio le forze di sicurezza, dipenderà dal numero di morti. In Iraq e Afghanistan la pandemia sta invece favorendo il ritiro delle truppe statunitensi ed europee».

Perché il Pentagono ha spostato la portaerei Harry Truman dal Golfo persico?

Per una serie di motivi, tra cui un minor interesse a un confronto militare con Teheran ma anche il fatto che il Covid-19 ha già colpito l’equipaggio della portaerei Roosevelt. Da qui, un cambio dei piani.

Dobbiamo ancora temere una guerra tra Stati uniti e Iran?

Resta la possibilità che gli uni o gli altri prendano l’iniziativa che li porterà sull’orlo del baratro, ma non credo che in questo momento vi sia interesse a un conflitto diretto tra Washington e Teheran.

Dopo aver sottovalutato la pandemia, perché ora il presidente statunitense Trump la sta finalmente prendendo sul serio?

Credo abbia capito la gravità della situazione. Fin dall’inizio aveva compreso che l’emergenza Covid-19 avrebbe rappresentato una seria minaccia alla sua posizione e penso che questa sia tuttora la sua preoccupazione principale. Di certo il virus ha stravolto le presidenziali americane e quindi il contesto per la sua candidatura a un secondo mandato.

 

In quale misura le sanzioni statunitensi danneggiano l’Iran?

Ne hanno reso più fragile il sistema sanitario, non permettono di ricevere determinate forniture mediche, indeboliscono l’economia rendendo difficile per il governo mettere in atto restrizioni severe degli spostamenti dei cittadini perché l’esecutivo di Rohani non ha la capacità di sostenere economicamente la popolazione laddove molti sono stati obbligati a fermare le attività produttive e commerciali.

In queste settimane sono stati sottoscritti numerosi appelli, anche di artisti, per chiedere all’amministrazione Trump di togliere alcune sanzioni all’Iran per rendere possibile l’acquisto di medicinali indispensabili e combattere così la pandemia. Secondo lei sarà possibile?

Non penso che l’amministrazione Trump abbia intenzione di agire con un qualsivoglia spirito umanitario. Per la Casa bianca la pandemia è un modo per aggiungere pressione su Teheran, la strumentalizza a proprio vantaggio.

I suoi colleghi alla Johns Hopkins hanno elaborato una cartina per capire come si muove il virus, ma a causa delle sanzioni gli iraniani non hanno accesso a questa documentazione.

Gli iraniani ricevono informazioni ufficiali e, di pari passo, hanno accesso ad altre fonti. Sono consapevoli di non essere stati i soli a permettere alla pandemia di scatenarsi perdendone il controllo, perché tanti sono gli errori commessi dai paesi europei e dagli Usa.

Sul quotidiano Aftab l’influente giornalista riformatore Abbas Abdi, che il 4 novembre 1979 era in prima linea nella presa degli ostaggi americani a Teheran, criticava il presidente Rohani per la gestione dell’emergenza. Anche la leadership iraniana strumentalizza la pandemia?

La pandemia è una questione politica, a Teheran diverse fazioni cercano di trarre vantaggio da quella che sembra un’opportunità e compiacere così l’opinione pubblica.