La tigre bianca è un film recente di Ramin Bahrani. Il protagonista Balram, nato in un villaggio poverissimo, si afferma iniziando a lavorare come autista presso una famiglia agiata e corrotta. Lo vedrete, se avrete voglia.

In un passaggio, il racconto si sofferma sulla sorte degli animali in una macelleria improvvisata. Le galline, protagoniste della scena, rinchiuse in gabbie metalliche, assistono alla decapitazione delle loro simili e aspettano la loro sorte, tra le mani del macellaio.
Una metafora del destino dei poveri: vedono e sanno che finiranno deprivati e sfruttati, assistono impotenti e quasi partecipi alla loro sorte. Scena potente e sanguinaria che richiama alla mente la storia degli ultimi, ma, con un po’ di fantasia, possiamo applicarla a quella di Roma e di chi, a Sinistra, si candida a governarla.

Fermi e in attesa della sorte non possiamo che perdere. Si avverte l’odore della disfatta, ma si ha paura ad allungare lo sguardo oltre i tavoli di cartone del centro sinistra romano e il famoso, immaginifico “Dossier Roma” di Letta: si scoprirebbe la sconfitta per asfissia ideale, per mancanza di coraggio e azione.

Non ci vuole un grande analista per capire che, con un centro sinistra diviso tra un blocco moderato, liberare a motore solitario (Calenda) e un blocco tradizionale impallato su processi partecipativi e candidati, l’esito non può che essere la sconfitta.

La Sinistra romana sembra aspettare, fiduciosa, le mosse bonarie del demiurgo di turno.

Mi sembra che, nonostante tutto volga al peggio, mentre la città paga un prezzo altissimo in termini sociali ed economici per la pandemia, il politicismo, l’alleanzismo tra gli uno, i due e gli zero virgola, la rincorsa competitiva tra signorotti prevalga sempre e comunque su un’idea lunga di riscatto e di ricerca del benessere per la comunità.

La Destra ha la vittoria matematica quasi in tasca (senza candidato), la Raggi tiene il punto facendo finta di non vedere le rovine prodotte, mentre il Civismo e la Sinistra si contendono il proprio spazio vitale nel pollaio e, in sottofondo, l’eco dei colpi della mannaia.

Se qualcosa non cambia (e in fretta), se non ci rendiamo conto che serve uno sforzo unitario, generoso, collaborativo tra le anime sane di Roma, la città si ritroverà di nuovo con un governo di Destra o di nuovo senza Governo.

La mannaia non è una sorte ineludibile, dipende dagli uomini e dalle donne di buona volontà.

Nello stesso film, figura mitica ed eccezionale, la tigre bianca è la sola in grado di sovvertire quest’ordine prestabilito. L’eccezione vincente. E

ne abbiamo avute negli ultimi anni di queste eccezioni. Hanno avuto molto in comune i successi ottenuti nei Municipi che abbiamo conteso e sottratto al pericolo delle destre: una Sinistra innovativa e radicale sui temi, immersa nella sofferenza sociale con visione e generosità militante, l’investimento sul Civismo.

Oggi, nella nostra città, la tigre bianca è un soggetto collettivo, è l’anomalia costituente del nuovo Civismo comunitario, ha il volto delle tante anime della partecipazione pubblica sui temi dell’ambiente, dei diritti sociali e civili, del femminismo, dell’investimento sui beni comuni, del mutualismo in un contesto dominato dalla pandemia.

Investiamo su quanto di più interessante e capace di creare spazio pubblico e inclusione abbiamo prodotto in questi anni nei Municipi, unifichiamo il campo del centro sinistra e al contempo rafforziamo e uniamo la sinistra civica, ecologista, femminista, possibilmente presentandola, alle primarie, con un’unica candidata e un programma costruito in termini partecipati.

Usciamo dalla gabbia, la parola ai sognatori e alle sognatrici insoddisfatti.

* Liberare Roma