Poteva succedere da un momento all’altro dal 25 luglio 2021, giorno in cui il presidente della Repubblica Kais Saied ha congelato il parlamento e sciolto il governo. Due anni dopo è arrivato il momento dell’arresto di Rached Ghannouchi, forse l’uomo più influente della Tunisia dopo il capo di Stato.

UNA NOTIZIA CHE STUPISCE per il peso politico che assume il fermo del leader indiscusso di Ennahda, il partito di ispirazione islamica che è stato al centro della vita pubblica tunisina dal 2011, anno della Rivoluzione, al 2021, il momento in cui la Tunisia ha assistito alla fine del suo percorso democratico. Non stupisce per il grado di violenza verbale che aveva assunto lo scontro tra Kais Saied e Rached Ghannouchi.

Il presidente della Repubblica e l’ex responsabile del parlamento erano in conflitto aperto almeno dal 2020, quando Hichem Mechichi è diventato primo ministro della Tunisia e si è posizionato al fianco di Ennahda dando sempre più potere all’Assemblea dei rappresentanti del popolo e al governo a discapito della presidenza della Repubblica. Una mossa che Saied non ha mai digerito a fondo e che lo ha portato, tra gli altri motivi, a compiere il colpo di forza del 25 luglio 2021.

DUE FIGURE di assoluta influenza nel panorama politico tunisino, al momento a perdere è Ghannouchi. L’arresto è avvenuto la sera di lunedì 17 aprile dopo la rottura del digiuno per il mese di Ramadan. I motivi sono presto spiegati: in un video circolato nella giornata di sabato, si sente l’81enne affermare: «La Tunisia senza Ennahda, senza l’Islam politico, senza la sinistra, o senza qualsiasi altra componente, è diretta verso la guerra civile».

Fermato tutta la notte, Ghannouchi sarebbe poi stato vittima di un malore e al momento si troverebbe ricoverato in un ospedale di Tunisi. Il partito si è subito espresso chiedendo la liberazione immediata del suo leader.

Kais Saied ha risposto indirettamente. In un primo momento sono state chiuse tutte le sedi di Ennahda, da Tunisi al profondo sud del paese. Successivamente ha pronunciato poche parole in occasione della festa nazionale delle forze di sicurezza interne: «C’è chi sta facendo di tutto per bloccare il processo voluto dal popolo tunisino. La giustizia deve continuare a giocare il suo ruolo in questa fase delicata».

Già in esilio sotto il regime autoritario di Zine El-Abidine Ben Ali, il leader di Ennahda è stato uno dei protagonisti del cosiddetto decennio nero post Rivoluzione. Un periodo che i tunisini ricorderanno per la crisi economica e politica che si è abbattuta sulla Tunisia, per il deterioramento delle condizioni sociali che hanno portato il partito islamico a perdere migliaia di voti durante gli anni e, soprattutto, per gli omicidi politici.

GHANNOUCHI ED ENNAHDA sono stati al centro dell’attenzione per ogni controversia che c’è stata nel Paese e ancora oggi i loro nomi spaventano i compagni di Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, politici e attivisti della sinistra tunisina uccisi da colpi di arma da fuoco nel 2013 da islamisti radicali. Nel corso degli anni sospetti e accuse di ogni tipo si sono riversate contro l’ex presidente del parlamento.

L’arresto di Ghannouchi si inserisce all’interno di una campagna di fermi che ha riguardato attivisti, giornalisti, politici e altri membri di Ennahda. Ieri è stato colpito anche il Fronte di salute nazionale, il movimento di opposizione più evidente a Kais Saied e molto vicino al partito di ispirazione islamica, i cui locali sono stati chiusi.

«SEGUIAMO con profonda inquietudine gli ultimi sviluppi in Tunisia (…). Ricordiamo l’importanza del rispetto dei diritti della difesa così come il diritto ad avere un processo equo», è stata invece la reazione dell’Unione europea attraverso Nabila Massrali, portavoce del servizio diplomatico di Bruxelles.

Parole che difficilmente avranno effetto su Kais Saied, non abituato ad ascoltare pareri che provengono dall’esterno.