Consiglio europeo straordinario d’emergenza stasera alle 20 a Bruxelles, con i 27 capi di stato e di governo in presenza, per discutere la strategia della Ue verso la Russia, con lo spettro di un intervento di Mosca in Ucraina (finora le riunioni Ue sono state a livello di ambasciatori e ministri degli Esteri).

IL CONSIGLIO HA LUOGO dopo il G7, in video-conferenza, convocato dalla presidenza tedesca alle 15. Per il presidente del Consiglio Ue, «l’uso della forza e della coercizione per cambiare le frontiere non ha spazio nel XXI secolo».

Charles Michel sottolinea l’importanza di «restare uniti» e denuncia «le azioni aggressive della Federazione russa» che «violano il diritto internazionale e l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina, colpiscono anche l’ordine di sicurezza europeo». Simbolicamente, la porta di Brandeburgo a Berlino e il comune di Parigi sono illuminati con i colori dell’Ucraina.

I 27 si riuniscono per discutere su ulteriori sviluppi della crisi. Ma non dovrebbero parlare di un eventuale nuovo pacchetto di sanzioni: la prima offensiva, decisa martedì, è entrata in vigore ieri sera e colpisce personalità e la troll factory della disinformazione (tra queste c’è anche il pronipote di Tolstoy, «figura centrale della propaganda russa»), entità economiche, banche (Rossiya Bank, Promsvyazbank, VEB), per impedire ai russi di accedere ai prestiti.

L’Europa non blocca solo le borsette Gucci, lo shopping a Milano o le vacanze a Saint-Tropez degli oligarchi, come imprudentemente ha detto l’Alto rappresentante della politica estera, Josep Borrell.

Ma i 27 non affrontano stasera la «bomba nucleare» a cui si riservano di ricorrere in caso di aggravamento della situazione: la questione dell’energia e dell’import dalla Russia (anche se le sanzioni contro le banche possono creare problemi sui pagamenti del gas).

MARIO DRAGHI ha fatto pressione per sanzioni «efficaci ma sostenibili», che per il momento escludano l’energia. I paesi Ue, a gradi diversi, sono dipendenti dal gas e dal petrolio russo e temono che Mosca chiuda il rubinetto come rappresaglia: la dipendenza dal gas di Mosca è salita al 42% nel 2021, era del 35% nel 2020 e del 26% nel 2010. Una leggerezza che oggi potrebbe costare molto cara, la diversificazione degli approvvigionamenti non ha fatto passi avanti dalla crisi della Crimea e dalle sanzioni a cui la Russia fu sottoposta allora.

IERI, IL MINISTRO delle Finanze russo, Anton Siluanov, ha ricordato agli europei che le sanzioni «colpiscono tutti, anche chi le decide». Nella Ue, ci sono paesi che dipendono al 100% dalla Russia per il gas, come Slovacchia e Austria; Ungheria e Finlandia sono all’80%, la Germania al 55%, Francia e Italia sono intorno al 20%, la Spagna è a zero.

Ma la Russia fornisce anche la metà del carbone utilizzato nella Ue e nel 2020 è stato il primo fornitore di petrolio. La Germania ha annunciato la sospensione della pipeline North Stream2, non ancora operativa, ci sarà un nuovo processo di certificazione, che terrà conto del «cambiamento della situazione», «siamo pronti ad accettarne le conseguenze», ha detto la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock.

Da Bruxelles, arrivano parole rassicuranti: «Abbiamo le pipeline di cui abbiamo bisogno», afferma la commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager. Per la Ue «ci sono le riserve necessarie per l’inverno».

IL 2 MARZO USCIRÀ un documento che impone nuove regole per gli stock di gas, un minimo da mettere da parte ogni estate. Per la presidente della Commissione Ursula von der Leyen «siamo capaci di rimpiazzare il gas russo con il gas naturale liquido, i rifornimenti di Lng che otteniamo da amici dappertutto nel mondo» e sottolinea che stranamente, malgrado l’aumento dei prezzi, Gazprom sta diminuendo le consegne.

La Ue ha aumentato l’import di Gnl da Usa, Qatar, Egitto, Azerbaijan, Nigeria (120 navi arrivate a gennaio nei porti Ue). La Norvegia, solo fornitore «interno» (non è nella Ue ma nel mercato unico) da cui la Ue importa il 20% del gas, ha garantito ieri «solidarietà» e forniture «al massimo delle capacità», secondo il primo ministro Jonas Gahr Store.

Il Qatar, primo produttore di gas liquido al mondo, fornisce però solo il 5% alla Ue, Doha è già al massimo della produzione (il gas ha meno elasticità del petrolio) e deve onorare contratti a lungo termine con altri mercati.

UN’ALTERNATIVA sarebbe l’Iran, dove c’è una ripresa dell’export, ma Teheran è sotto sanzioni (anche «secondarie» da parte degli Usa) a causa del nucleare, anche se i negoziati a Vienna vanno avanti.

La Ue si consola: l’export di gas e petrolio è vitale per la Russia. E i legami economici sono forti, anche personali: non solo l’ex cancelliere Gerhard Schroeder a Gazprom, ma anche l’ex primo ministro François Fillon è nel consiglio di amministrazione del gigante petrolchimico russo Sibur, controllato da oligarchi vicini a Putin.