C’è sempre stato un elemento comune a Spielberg et a Eastwood. Bogdanovich lo aveva notato e perciò li aveva voluti entrambi nel suo Directed by John Ford. Da Ford, infatti, ereditano l’idea che il compito del cinema è il racconto storico. E che questa esigenza non si esprime in un singolo film ma attraverso un’opera che, toccando ora un episodio ora un altro, attraversa il lungo e mai finito formarsi degli Stati Uniti d’America.

Per il resto, questi due registi non potrebbero essere più diversi. A cominciare dall’orientamento politico. È noto che Spielberg è un progressista – un liberal come si dice in inglese. Che Eastwood è un conservatore. E che la pelle dei loro film ha lo stesso colore. Ma è vero anche della carne? Su questo, c’è dibattito. Non basta dire che la forma è più importante del contenuto; la forma, in Spielberg, è a volte superiore a quella di Eastwood.

È senza dubbio così nel caso di The Post e di 15:17 attacco al treno. Questi due film sono, tra l’altro, un banco prova ideale per provare a capire perché, dal nostro punto di vista, non si può non preferire Eastwood.
Partiamo dalla storia di The Post. Tutto comincia quando il «New York Times» pubblica dei documenti segreti appartenenti all’amministrazione Kennedy nel quale esperti della Cia affermano che la guerra in Vietnam non si può vincere. Eppure, anche sotto Nixon, si continua a bombardare il paese. Invece di rispondere, Nixon impone al «Times» il silenzio con il pretesto della sicurezza nazionale.

Il «Washington Post», che entra in possesso del documento, deve decidere se pubblicare (e rischiare la bancarotta) oppure lasciar correre (e rinunciare a fare il proprio dovere). La persona che ha il potere di decidere è la proprietaria Katharine Graham (Meryl Streep), una donna sofisticata e apparentemente frivola. Pubblicando ha solo da perdere. Cosa farà?

Anche il film di Eastwood mette i propri eroi davanti ad un interrogativo di questo tipo. Sono tre ragazzi che si conoscono fin dalle elementari. La vita li ha separati ma loro si sono riuniti in Europa, per una vacanza. Sono nel treno che li porta a Parigi e non pensano a nulla quando improvvisamente si trovano in mezzo ad un attentato. Potrebbero fuggire, come fanno tutti. Oppure intervenire. Che faranno?
Sia la proprietaria del «Post» che i tre giovani americani intervengono e salvano il mondo. Eppure la differenza tra i due film è notevole.

L’obiettivo di Spielberg è di mostrare che quella di Katharine è una scelta assolutamente morale. La sua cultura, le sue amicizie, la sua posizione sociale, il suo interesse materiale, persino il buon senso: tutto ciò che si può considerare determinante nella scelta pesa per il no: non si pubblica. E invece lei, contro ogni logica, pubblica. Questo è un eroe per Spielberg: una persona che esercita la propria libertà contro ogni determinazione sociale. Il suo essere umano è sempre inscritto in un contesto, ma in definitiva la sua volontà è pienamente incondizionata.

La visione opposta viaggia sul treno di Eastwood. Per questi l’essere umano è sempre determinato a fare quello che fa: la scuola, la famiglia, l’educazione, la posizione sociale… ogni elemento strutturale spinge i tre amici su quel treno, e ad agire da eroi, come se i loro destino viaggiasse da sempre su due rotaie. È chiaro che questa visione del mondo esprime soprattutto un’idea spirituale di predestinazione.

Ma da un lato l’idea di un uomo iscritto in un tutto che lo determina, fosse anche la grazia divina, è in sé una favola più ricca di quella dell’individuo libero e incondizionato. Soprattutto, essa è conciliabile con una visione materialistica della storia. Mentre l’umanesimo liberale di Spielberg è assolutamente incompatibile con essa.

Per questo, anche quando la superficie di Eastwood è reazionaria (e in questo caso la razione è più che mai vigorosa, al limite del sopportabile), il suo fondo filosofico è in ultima analisi molto più avanzato di quello di Spielberg.

È con questo armamentario che Eastwood ha toccato i vertici del suo cinema, per esempio in Unforgiven e in Mystic River. Anche qui, nel punto più basso mai raggiunto, resta superiore.