La sinistra ha superato la prova di domenica in Spagna. Il partito socialista di Pedro Sánchez ha ottenuto la fiducia di quasi il 29% degli elettori, praticamente il doppio rispetto al secondo classificato: il Pp, la cui scheda è stata introdotta nell’urna solo da un 16,8% degli aventi diritto. La legge elettorale ha consegnato al Psoe 123 seggi (ne aveva 84), mentre al Pp ne lascia solo 66 (dei 132): il suo minimo storico, ben al di sotto delle pur basse aspettative di Pablo Casado, il giovane neosegretario che aveva sostituito Mariano Rajoy meno di un anno fa. Sua la decisione di indurire il partito su posizioni sempre più pericolosamente vicine all’estrema destra.

Con uno scarto minimo dal Pp, solo l’0,8%, c’è un ringalluzzito Ciudadanos: 57 seggi con quasi il 16% dei voti. Partivano da 32.

Crolla anche Unidas Podemos, vittima delle battaglie intestine di Podemos, della scarsa forza di Izquierda Unida, dell’incapacità di tessere di nuovo alleanze elettorali a livello locale (che l’ultima volta avevano portato il numero dei deputati a 72) e di un eccesso di leadership di Pablo Iglesias, che pure ha condotto una campagna elettorale impeccabile secondo la maggior parte degli osservatori: ma contengono la caduta, fermandosi a quota 42 (sommando anche i seggi ottenuti da En comú Podem, l’alleanza catalana guidata dal partito di Ada Colau). Assieme, socialisti e UP sommano 165 seggi, dunque migliorano il risultato della sinistra (la somma era 156 nella legislatura precedente, lontano dalla soglia di 176 della maggioranza). Infine l’irruzione di Vox, un partito che difende il maschilismo, il razzismo, l’omofobia, che chiama «destruccia codarda» quella di Pp e Ciudadanos, e rivendica la caccia e le corride. Hanno ottenuto il voto di più del 10% degli spagnoli, e ben 24 seggi. E per la prima volta entrano al Congreso.

Per ordine di seggi, il sesto posto lo occupa Esquerra Republicana (Erc), partito indipendentista che per la prima volta arriva primo in Catalogna: con il 25% dei voti (4% a livello nazionale), ottiene 15 seggi (la legge favorisce chi ottiene molti voti localmente), più 6 rispetto al 2016. Il suo rivale nel mondo indipendentista, Junts per Catalunya, il partito di Carles Puigdemont erede di Convergència, ottiene solo 7 seggi (meno uno rispetto al 2016). L’ottava posizione la occupano i nazionalisti baschi moderati del Pnv, che totalizzano sei seggi, uno più di quelli del parlamento uscente. Infine 4 seggi per EH-Bildu, il partito nazionalista basco di sinistra demonizzato dalla destra perché si rifà all’eredità politica dell’Eta. Gli altri sei seggi sono distribuiti fra piccole formazioni locali. Da notare che se in Catalogna le tre destre hanno ottenuto solo 7 seggi in totale (su 48 in palio), con Pp ridotto ai minimi termini (meno del 5% e 1 seggio), Ciudadanos in regressione (a dicembre 2017 aveva ottenuto nelle regionali il 25% dei voti, oggi è al 12 con 5 deputati) e Vox che con il 4% scarso strappa un seggio, in Euskadi (Paesi Baschi), le tre destre non hanno ottenuto neppure uno dei 18 seggi (sei sono andati al Pnv, e 4 ciascuno a socialisti, Up e Eh-Bildu). Una destra senza questi due territori importanti non può ambire a essere davvero rappresentativa.

D’altra parte, la vittoria di Erc è un chiaro segnale che l’indipendentismo è sempre fortissimo (un milione e mezzo di voti in totale, contro il milione del 2016), e che l’anomalia che 4 dei deputati eletti (1 per Erc, e 3 per Junts per Cat) e 1 dei senatori (Erc) sono oggi in carcere preventiva peserà sul futuro politico di Pedro Sánchez.

Le due principali formazioni di sinistra sommano dunque 166 seggi (aggiungendo a Psoe e UP anche il deputato valenziano di Compromís) contro 147: non c’è partita, ma è importante osservare che in voti assoluti lo schieramento guidato dai socialisti corrisponde al 44% dei voti, mentre il tripartito di destra al 43,2%: la differenza è molto piccola, circa 200mila voti. Se come sinistra consideriamo anche Erc ed Eh-Bildu arriviamo al 49% dei voti: il dato conferma che la Spagna respira più a sinistra che la maggior parte dei paesi europei, e con un’affluenza record del 75,75%, la quarta più alta dal 1977, il dato è abbastanza significativo.

Per quanto riguarda la seconda e bistrattata camera, il Senato, che ha un potere molto limitato, è da notare che per la prima volta da 30 anni a questa parte, i socialisti sono di nuovo maggioranza assoluta: è ancora una volta l’effetto distorcente della legge elettorale, ma per Sánchez è una boccata d’ossigeno: non solo il nuovo senato non gli metterà i bastoni fra le ruote per le leggi, ma chi avrà in mano l’applicazione di un nuovo 155 in Catalogna sarà sempre lui, e potrà anche finalmente sbloccare «il tetto di spesa» che il Pp aveva vincolato all’approvazione del Senato.