Sono giovani amministratori progressisti, di quella galassia a sinistra del Pd che, dopo la fine di Sel, ha perso un chiaro riferimento nazionale. A novembre, subito dopo i buoni risultati delle loro liste alle amministrative, da Milano a Bologna, Roma e Napoli, hanno dato vita a Pragmatica, un coordinamento tra le varie realtà cittadine che punta a diventare qualcosa di più grande, una federazione, forse una lista alle prossime politiche. Il 12 febbraio hanno pubblicato un appello sul manifesto «Far tornare la democrazia socialmente utile». Li abbiamo invitati a discutere del loro progetto.

Per ora siete un gruppo di amministratori locali. Per quale ragione sentite il bisogno di un progetto nazionale?
AMEDEO CIACCHERI: Vogliamo che il nostro percorso raccolga tante esperienze disarticolate in giro per l’Italia, che vogliono fare forza comune per un progetto che parli a tutto il Paese. A Roma il nostro obiettivo è stato portare dentro la coalizione di centrosinistra persone che arrivano dai movimenti, dalle lotte territoriali e municipaliste connesse alle esperienze di civismo progressista e ecosocialista che sono nate in giro per l’Europa. Il tema è stare nella coalizione con il massimo dell’autonomia di pensiero che serve anche al centrosinistra. Dalla concretezza dei nostri percorsi nelle città può emergere una nuova classe dirigente che si è fatta le ossa sporcandosi le mani nei conflitti reali.
MASSIMO ZEDDA In Sardegna siamo partiti dall’idea di mettere insieme le esperienze locali che non vogliono più essere divise e disarticolate. Spesso da queste forze civiche nascono le idee più innovative e le migliori pratiche nell’ambito del centrosinistra. Dopo l’esperienza di Sel abbiamo vissuto una frantumazione che indebolisce il nostro campo: se non c’è una forza organizzata di sinistra ed ecologista è difficile persino poter parlare di un centrosinistra. Senza questa forza il baricentro della coalizione si sposta inevitabilmente verso il centro. Con conseguenze disastrose.
ANITA PIROVANO: Sento la necessità di mettere a fattore comune queste esperienze che partono dalle comunità e dalla concretezza e che possono ambire a una proposta politica a tutto tondo. Se ne sente l’esigenza, in passato a sinistra parlavamo di invasione di campo, ora siamo ridotti a discutere degli schemi di gioco, aspettando i favori del pronostico, con il risultato di restare fermi. Ma la domanda c’è, la sento dai cittadini, anche dai ragazzi che occupano le scuole.
IVO POGGIANI: Spesso sentiamo uno scollamento tra i territori e gli scenari nazionali, abbiamo provato a essere collante tra i due livelli, ma permane questa distanza: dall’alto non arrivano le risposte alle domande che nascono dalla carne viva delle città. Penso ad esempio ai temi generazionali. Il centrosinistra oggi ha poco di sinistra, una serie di temi che ci uniscono come attivisti e amministratori non bucano il livello nazionale.

Quali saranno le prossime tappe del vostro lavoro comune?
CIACCHERI: Dopo Pragmatica, a fine 2021, stiamo raccogliendo adesioni in giro per l’Italia. Vogliamo costruire un nuovo appuntamento di messa in rete, a Napoli o a Cagliari: serve non solo una visione comune, ma un progetto comune, un processo politico e organizzativo della sinistra ecologista. L’obiettivo è dimostrare che c’è un nuovo protagonismo pronto a declinare le battaglie sociali e ambientali: non possiamo rischiare di sprecare il Pnrr senza che cambi nulla nella vita reale delle persone, senza l’ambizione di cambiare modello di sviluppo.
ZEDDA: Il M5S avrebbe dovuto recuperare tutti quelli che erano disgustati dalla politica, e invece l’astensionismo cresce. Questo basso livello di partecipazione crea problemi per la democrazia, il rischio è che le clientele possano alterare l’esito del voto. Il nostro obiettivo deve essere quello di raggiungere chi si è allontanato, sapendo che la pandemia ha aumentato solitudine e isolamento e dunque meccanismi di ulteriore chiusura e rassegnazione. La nuova forza va costruita dal basso, insieme.
POGGIANI: Vedo il rischio che il centrosinistra futuro sia schiavo dei Renzi e dei Calenda, con un M5S sempre più moderato. Noi dobbiamo provare a ribaltare questa tendenza, non cadere nel solito ricatto del “tutto va bene per battere le destre”. E invece no: non possiamo rassegnarci a un fronte progressista sempre più moderato, dove i nostri temi- a partire dall’ambiente- non vengono affrontati con la necessaria radicalità. E la stessa gestione del Pnrr si presta a clientele e spartizioni col manuale Cencelli. A Napoli a sinistra ci sono le macerie, la coalizione che sostiene il sindaco Manfredi è completamente sbilanciata al centro.

Pensate di poter essere pronti per le prossime politiche?
ZEDDA: Se resterà questa legge elettorale ci dovrà essere un simbolo dentro la coalizione di centrosinistra. Questo è necessario per spingere il Pd a correggere il suo strabismo politico e a guardare a sinistra. Non è una questione solo teorica, ma riguarda le condizioni di vita reali. Ricordo che poco prima della pandemia Giorgetti lodava il sistema sanitario lombardo. E invece i sistemi che hanno retto meglio sono quelli, come il Lazio, dove è rimasto forte il protagonismo pubblico nella sanità.
CIACCHERI: Bisogna capire qual è il profilo politico e culturale della coalizione. Con Renzi la sinistra naturalmente non poteva allearsi col Pd. Ora con Letta le cose sono cambiate, ma un campo non può tener dentro tutto e il suo contrario. Ad esempio, bisogna ripetersi ogni mattina che non è normale governare con la Lega. Noi non vogliamo fare solo una lista elettorale, ma costruire un pezzo di nuova sinistra dentro il paese, in sintonia col le esperienze europee più avanzate: una struttura radicata con obiettivi concreti che riguardano il modello di sviluppo, i salari, le questioni di genere e generazionali, la nuova questione operaia.
PIROVANO: Le esperienze recenti della sinistra avevano due limiti: il primo era che ai contenitori non seguivano i contenuti, e mancavano anche le persone. Quei contenitori erano dei vuoti a rendere, come le bottiglie di vetro. Credo invece che partendo dalle esperienze di governo locale sia più facile coinvolgere tutta la politica fuori dalla politica, gli spazi ibridi. Invece di snaturarsi in alleanze e tatticismi dovremmo contaminarci con queste situazioni con cui noi amministratori spesso interagiamo in modo virtuoso. A mio avviso è possibile riconnetterle, appassionare chi non ha obiettivi strettamente elettoralistici. Un po’ quello che era successo ai tempi della prima Sel, delle vittorie di Pisapia e Zedda a Milano e Cagliari.

Nel vostro appello parlate di una «confederazione». Cosa deve aspettarsi un elettore di sinistra orfano di rappresentanza? Nel 2013 c’era Sel, nel 2018 Leu. E ora?
CIACCHERI: Non ci vogliamo arrendere al fatto che tutto debba essere incluso nel Pd. Vogliamo dare la possibilità a chi si sta attivando nei territori, a chi fa battaglie, di avere un soggetto in cui sentirsi protagonista. Questo è necessario anche al Pd: l’unica opzione per essere alternativi alle destre è costruire un campo plurale con differenti punti di vista. Ciascuno deve fare la propria parte, noi vogliamo costruire un pezzo di rappresentanza che non è sufficientemente presente nel paese. Ci sono interlocutori importanti a livello nazionale, ma non sono sufficienti. Non ci si può affidare all’uomo o alla donna sola al comando. Deve essere un processo collettivo, non basta l’album delle figurine per fare una nuova soggettività e un punto di riferimento.
POGGIANI: Serve coraggio per non abdicare al pensiero unico dei calcoli politici, di chi pensa alle coalizioni con in mano la calcolatrice delle percentuali. La ricetta non ce l’ha nessuno. Ma non mi vorrei trovare a votare il Pd col naso turato o una formazione di sinistra con percentuali da prefisso telefonico. Vorrei provare a rappresentare quello che vediamo nelle piazze e nei quartieri. Alle amministrative ci siamo riusciti. A livello nazionale non abbiamo un leader, in questa fase un progetto collettivo è più in salita ma abbiamo il dovere di provarci. Anche se è difficile.
PIROVANO: Il mio sogno è non ricomporre situazioni e relazioni già date, ma provare a sparigliare, liberare energie che al momento non sono già dentro un progetto politico. Questa è la vera sfida.

Che rapporti intendete avere con tutto quello che si muove nel vostro campo, dai partiti organizzati a nuove iniziative come quelle di Elly Schlein che farà una iniziativa a marzo a Roma?
CIACCHERI Interloquiamo con tutti, con i partiti e anche con personalità come Elly. Ma non basta condividere una visione comune: a nostro avviso ora serve un progetto comune. La politica a sinistra deve tornare a fare i conti con la dimensione collettiva, senza scorciatoie individuali. Le formazioni di sinistra ed ecologiste dovrebbero riconoscere che serve uno sforzo in più sull’innovazione: c’è una prima fila di donne e uomini che sono cresciuti nelle battaglie locali e che potrebbero rappresentare il volto innovativo di una nuova sinistra. Credo che ci sia questa necessità.
POGGIANI: I ponti con le altre realtà di sinistra ci sono, ma, come dice Anita Pirovano, ora serve la forza per scompaginare. Purtroppo a sinistra tendiamo ad adagiarci, perché vediamo che la strada è complicata. Dobbiamo avere più coraggio per provare ad attrarre i tanti elettori delusi dai 5 stelle, quelli più ambientalisti e di sinistra. Quel movimento ormai è diventato un’altra cosa. Viviamo un periodo di profonde trasformazioni, ci sono grandi pezzi di società di cui la politica nazionale non si interessa più. È qui che dobbiamo radicare una nuova sinistra.