1 LEGGE SEVERINO

Un taglio netto alla decadenza dei condannati 

Il primo dei sei referendum sulla giustizia promossi dal partito radicale e dalla Lega di Salvini (ma poi presentati dai consigli regionali a guida centrodestra, perché i promotori originari non hanno depositato le firme che avevano raccolto) punta a cancellare la legge Severino. Legge che in realtà è un decreto legislativo firmato dall’allora ministra della giustizia Paola Severino, governo Monti, nell’esercizio di una delega voluta dal precedente governo Berlusconi. Proprio Silvio Berlusconi è stato la vittima più illustre della legge, il primo (e a tutt’oggi unico) parlamentare dichiarato decaduto dalla sua camera di appartenenza. Circostanza che è adesso prevista in caso di condanna definitiva per una serie di reati gravissimi e contro la pubblica amministrazione. Oltre alla decadenza (successiva) la legge prevede l’incandidabilità (precedente), ma il punto sul quale è stata più spesso attaccata è quello del regime più rigoroso previsto per gli eletti e gli amministratori locali. Che non sono eleggibili o sono dichiarati decaduti anche in caso di condanna in primo grado. Nel caso di vittoria dei sì, tornerebbe a vivere la legislazione precedente in base alla quale l’interdizione dai pubblici uffici è una pena accessoria decisa eventualmente dal giudice. (Andrea Fabozzi)

FUNZIONI GIUDICI-PM

La separazione che è a rischio ammissibilità

Secondo l’ordinamento italiano, pm e giudici condividono la stessa carriera e si distinguono solo per funzioni. La terza richiesta di referendum punta a rendere definitiva la scelta, all’inizio della carriera, di una o dell’altra funzione. Alla viglia è considerata una delle richieste a rischio. La Corte costituzionale potrebbe decretarne la non ammissibilità perché si tratta di un quesito assai articolato, contiene oltre mille parole e vuole cancellare articoli e commi da cinque diversi provvedimenti di legge. È vero che nel 2000 la Corte costituzionale ha già ammesso un referendum sulla materia, ma in quel caso l’intervento abrogativo era più limitato (c’erano allora meno disposizioni da cancellare). Infatti successivamente, nel 2006, le funzioni sono state effettivamente separate. Dopo la riforma Castelli sono possibili adesso solo quattro cambi di funzione, separati tra loro da intervalli di cinque anni. Gli emendamenti Cartabia di riforma dell’ordinamento giudiziario se approvati limiterebbero a due questi spostamenti. Nel 2000 la Corte corresse, per ammetterlo, il titolo del referendum: da «separazione della carriere» a «separazione delle funzioni». Ma il referendum fallì lo stesso (assieme ad altri) perché non fu raggiunto il quorum minimo di partecipazione. (Andrea Fabozzi)

3 CUSTODIA CAUTELARE

Limiti all’abuso della detenzione senza condanna

Il secondo quesito referendario sulla giustizia ha l’obiettivo di limitare i casi in cui è possibile disporre la custodia cautelare, cioè la detenzione di un indagato o imputato prima della sentenza definitiva. Nell’eventualità della vittoria dei sì, verrebbe a cadere quella che nel nostro paese è la fattispecie più usata per anticipare il carcere (o gli arresti domiciliari): il pericolo di reiterazione di un reato grave (con pena massima di almeno quattro anni) uguale a quello per cui si procede. Resterebbero invece in piedi le altre fattispecie per le quali nel nostro ordinamento è lecito arrestare una persona prima che sia riconosciuta colpevole: il rischio di fuga o di inquinamento della prova e il rischio che commetta un reato di particolare gravità «con uso di armi o altri mezzi di violenza personale». Tra i paesi membri del Consiglio d’Europa, l’Italia è tra quelli che hanno una percentuale più alta di detenuti in custodia cautelare (31% del totale dei detenuti contro una media del 22%), percentuale che sale notevolmente nel caso dei detenuti stranieri (quasi uno su due tra i detenuti stranieri è in custodia cautelare). Non ci sono molti dubbi sull’ammissibilità di questo referendum, che era stato tentato dai radicali già nel 2013, ma in quel caso mancando la raccolta delle firme necessarie. (Andrea Fabozzi)

4 FIRME PER IL CSM

Il ritocco minimo che non basta contro le correnti

L’ultimo quesito seguendo l’ordine di trattazione delle cause di oggi riguarda una questione abbastanza marginale. Si chiede infatti di cancellare dalle norme che regolano l’elezione della componente togata nel Consiglio superiore della magistratura esclusivamente l’obbligo di accompagnare le candidature con almeno 25 firme di magistrati. Per questa via i promotori hanno immaginato di limitare il peso delle correnti all’interno del Csm. Malgrado il referendum punti ad abrogare una norma elettorale, questa – proprio perché marginale – non può dirsi «costituzionalmente necessaria», dunque il quesito dovrebbe essere ammesso. L’impatto di un’eventuale vittoria del sì sarebbe però assai limitato: consentire alle toghe di candidarsi anche senza dover cercare un appoggio di (solo) 25 «presentatori» non basterebbe a frenare le correnti. Anche questo quesito va a toccare una materia che è adesso compresa negli emendamenti della ministra Cartabia arrivati alla camera dei deputati: la nuova proposta di riforma prevede candidature individuali (senza necessità di alcuna firma a supporto) e soprattutto cambia la legge elettorale per il Csm. Nella convinzione, tutta da dimostrare, di combattere per questa via le degenerazioni del correntismo. (Andrea Fabozzi)

5 CANNABIS

Il «Sì» depenalizza la coltivazione ma non spaccio e guida alterata

Sono tre i ritagli proposti dal referendum sulla cannabis al T.U. sulle droghe 309/90: nell’articolo 73, comma 1, si elimina la parola «coltiva»; al comma 4 dello stesso articolo si taglia la frase «la reclusione da due a 6 anni e»; all’articolo 75 la soppressione si limita «alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni”». Il referendum è promosso dalle Associazioni Coscioni (che ha finanziato la campagna e la piattaforma on line con la quale per la prima volta sono state raccolte tutte le sottoscrizioni, arrivando a totalizzare oltre 600 mila firme digitali in una settimana), Meglio Legale, Forum Droghe, Società della Ragione, Antigone e dai partiti +Europa, Possibile, Radicali italiani, Potere al Popolo, Prc e Volt. Se vince il Sì, sarà depenalizzata la coltivazione di marijuana per consumo personale, ma sarà ancora illegale lo spaccio, la fabbricazione, l’estrazione e la raffinazione di stupefacenti. Inoltre si elimina la sospensione della patente come sanzione amministrativa per chi detiene una piccola quantità di cannabis per uso personale, ma la guida sotto effetto di Thc sarà ancora sanzionata penalmente. (Eleonora Martini)

6 EUTANASIA

I promotori: «Occasione storica per far vivere lo spirito della Carta»

Sarà il primo dei quesiti referendaria ad essere affrontato dalla Corte costituzionale nell’udienza di questa mattina. Il referendum sull’eutanasia legale chiede l’abrogazione parziale dell’art. 579 c.p. (omicidio del consenziente) ma salva le tutele poste per le persone più vulnerabili: i minori, gli incapaci anche parzialmente o con una deficienza psichica momentanea e le persone il cui consenso non è libero, ovvero estorto o carpito con l’inganno. Ora, scrivono in una nota Cappato e Perduca, a capo dei comitati promotori dei referendum eutanasia e cannabis, «i giudici costituzionali hanno un’occasione storica per far vivere la lettera e lo spirito della Carta su cui si fonda la Repubblica». La Carta, proseguono, «pone pochi e chiari limiti a quali siano le materie non referendabili». Ammettere i quesiti significa invece consentire «una primavera di democrazia diretta su temi popolari e urgenti». E dopo aver «assistito a uno schieramento di organizzazioni della galassia clericale, che in massa hanno chiesto l’inammissibilità del quesito», come sottolinea Cappato, tesoriere dell’Associazione Coscioni che ha promosso l’«eutanasia legale», i comitati notano, a proposito delle parole di Amato, «che tutte le osservazioni contrarie vogliono infilare molti peli nell’uovo». (Eleonora Martini)

7 VALUTAZIONI DI PROFESSIONALITÀ

Voto agli avvocati sui magistrati Ora lo prevede anche Cartabia

Il quarto quesito (nell’ordine in cui saranno discussi oggi in udienza a porte chiuse) con un doppio intervento abrogativo su una legge del 2006 punta a consentire la piena partecipazione degli avvocati alle decisioni del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari regionali. Al contrario di quanto è previsto oggi quando gli avvocati possono partecipare solo nel dibattito sulle valutazioni di professionalità, senza peraltro diritto di voto (nel caso dei Consigli giudiziari partecipano anche delegati di estrazione politica espressi dal Consiglio regionale). I magistrati considerano pericolosa la normativa che risulterebbe dalla vittoria del sì – sull’ammissibilità del quesito non ci sono molti dubbi – perché gli avvocati potrebbero essere portatori di un conflitto di interessi nel valutare la professionalità di pm e i giudici ai quali sono abitualmente contrapposti nel processo. Anche questo referendum va a toccare una materia trattata dalla riforma dell’ordinamento giudiziario proposta da Cartabia, in questo caso per la ministra gli avvocati potranno esprimere il loro voto nei Consigli giudiziari ma non a titolo personale, bensì riportando la valutazione che il consiglio territoriale degli avvocati ha eventualmente già espresso. (Andrea Fabozzi)

8 RESPONSABILITÀ CIVILE DIRETTA

Via il filtro dello stato alle cause. Dubbi sulla normativa di risulta

È affidata al giudice costituzionale Augusto Barbera la relazione sul referendum alla vigilia è considerato più a rischio ammissibilità. Un quesito che nel caso fosse accolto dagli elettori introdurrebbe la responsabilità civile diretta dei magistrati. Questione lungamente dibattuta e persino già risolta con un referendum nel 1987, quando la responsabilità civile dei magistrati fu cancellata del tutto dal codice civile. Successivamente con la legge Vassalli il parlamento ha disciplinato la materia introducendo la responsabilità indiretta: è lo Stato che si fa carico di risarcire il danno, salvo potersi rivalere sul magistrato (per sottrarre le toghe a sempre possibili ritorsioni). Questa normativa ha resistito a due tentativi di referendum (nel 1997 e nel 2000, in un’altra occasione non furono raccolte firme sufficienti) non ammessi perché considerati manipolativi. Non si limitavano cioè ad abrogare norme ma ne introducevano di nuove. Nel frattempo l’Italia ha cancellato il filtro alle cause di risarcimento contro i magistrati, prima previsto. Il quesito attuale abrogherebbe la responsabilità sostitutiva dello Stato in alcuni casi, non in tutti. Sarebbe dunque richiesto un intervento legislativo, il che rende il referendum di non immediata applicazione. (Andrea Fabozzi)