C’è più di un motivo se oggi le lavoratrici e i lavoratori dei settori della conoscenza scioperano. Partiamo dai dati: In Italia il corpo docente è all’83% donna, una media che tiene conto sia del primo ciclo (in cui si raggiungono cifre anche superiori al 90%) che della secondaria. All’università invece le donne rappresentano uno scarso 25% degli insegnanti. Cosa significa? Che gli uomini fanno i docenti solo dove guadagnano di più e dove ci sono diverse condizioni di lavoro, quindi negli atenei.

Nelle scuole ci sono ma nella stragrande maggioranza come dirigenti (o come autori e protagonisti dei libri di testo). Questa femminilizzazione spinta della professione si traduce in precariato, salari bassi, straordinari non pagati e svalutazione. Perché è forte lo stereotipo di genere che pretende nelle maestre la vocazione e lo spirito di sacrificio. «Questa retorica giustifica condizioni inaccettabili e de-professionalizza il nostro lavoro – spiegano ad esempio le lavoratrici e dei lavoratori dell’Istituto Salacone di Roma -. Siamo l’unico settore della pubblica amministrazione in cui gli straordinari non sono retribuiti ma dovuti per amore, chi si sottrae viene colpevolizzata».

Hanno deciso di scendere in piazza oggi anche per «il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici, la riforma sulla condotta alla secondaria e il ritorno dei voti alla primaria che ci fanno temere una scuola autoritaria e repressiva che limita il diritto al dissenso». Anche la Flc Cgil è in sciopero: «Ci sembra necessario che le donne e gli uomini che ogni giorno contribuiscono alla formazione delle future cittadine e cittadini di questo Paese scendano in piazza con le ragazze e i ragazzi e sostengano le ragioni e le richieste di un 8 marzo di lotta» dice la segretaria generale Gianna Fracassi. «Vogliamo affermare un sistema sociale che sostenga il lavoro femminile, a partire da salario e diritti, contrasti la precarietà e garantisca pari condizioni di accesso alle infrastrutture di cittadinanza» scrive il sindacato Cgil dei lavoratori della conoscenza.

Scioperano anche all’Istat, dove le ricercatrici, organizzate attorno al collettivo FemminIstat, hanno diffuso un report con i dati sull’occupazione femminile chiedendo al loro istituto la rilevazione informazioni aggiuntive sulla differenza retributiva che «aiuterebbe a capire i fattori che determinano una retribuzione più bassa femminile a parità di lavoro e a isolare quelle cause ingiustificate che potrebbero identificare una discriminazione dovuta al genere». In piazza anche le lavoratrici e i lavoratori di Laterza che hanno indetto il loro primo sciopero ‘politico’: «Partecipiamo per denunciare tutte le forme di violenza patriarcale e chiedere l’immediato cessate il fuoco su Gaza – hanno scritto redattrici e redattori nel documento -. Blocchiamo la produzione per lottare contro la guerra, la violenza economica di genere e le politiche di governo familiste, securitarie, nazionaliste».