Rosario Esposito La Rossa, nato a Napoli 29 anni fa, ama circondarsi di ragazzi. E non solo. Ama stare in mezzo alla gente e raccontare del suo «vizietto», quello di «spacciare» libri, cultura e progetti particolarmente originali.
Non a caso lo fa in un territorio segnato da criminalità e disagio che tuttavia non ha intenzione di lasciare perché, dice, «è casa mia». Della sua Scugnizzeria, la libreria che ha appena aperto a Scampia, e delle sue tante iniziative ha parlato anche di recente durante la cerimonia di consegna del Premio Bottari Lattes Grinzane (assegnato a Ian Mc Ewan, nella sezione La Quercia e a Laurent Mauvignier nella sezione Il Germoglio) dove era ospite d’onore e ha tenuto la sua lezione di fronte a tanti piccoli lettori.
Rosario, perché hai deciso di aprire una libreria a Scampia?
Sono nato e cresciuto a Scampia. Per quarant’anni noi residenti siamo stati senza una libreria. Non se ne trovava una fino all’area Nord di Napoli, per questo motivo riuscire ad aprire uno spazio del genere per noi abitanti è sempre stata una priorità. È una cosa che abbiamo sempre sognato e in cui abbiamo sempre creduto. La voglia di fare è arrivata soprattutto dopo la morte di Antonio Landieri, disabile di 25 anni ucciso dalla camorra. Ci siamo battuti per la sua dignità. Ci sono voluti dieci anni e due mesi affinché Antonio venisse riconosciuto come vittima innocente della camorra, ed è andata anche bene, perché ci sono vittime che ancora aspettano questo riconoscimento.
Che ricordo hai di quel giorno in cui è morto Landieri, a cui hai anche dedicato un libro, «Al di là della neve», scritto quando avevi solo 18 anni e pubblicato da Marotta & Cafiero nel 2007?
Io vengo da una famiglia di calciatori. Fino al momento in cui fu ucciso Landieri il mio destino era quello… diventare calciatore. Di quel quel giorno ricordo soprattutto questo: la decisione di voler troncare un sogno per iniziare una battaglia.
Una battaglia che passa, evidentemente, anche attraverso la cultura e i libri.
A Landieri, tu e tua moglie Maddalena Stornaiuolo, avete dedicato anche un premio per il teatro civile, il Premio Landieri, e nel 2007 è nata l’associazione Vo.di.Sca. (acronimo di «Voci di Scampia») che oggi gestisce la libreria Scugnizzeria. Ma come è nata la vostra passione per i libri?
Io e mia moglie avevamo fatto esperienza con lo storico marchio editoriale campano Marotta & Cafiero, che abbiamo rilevato nel 2010. Poi abbiamo fondato, in collaborazione col Teatro Bellini di Napoli, il caffè letterario equo e solidale Sottopalco. Nel 2016 è rinata a Scampia la casa editrice della legalità Coppola, fondata nel 1984 da Salvatore Coppola a Trapani, nota per l’impegno nel contrasto alla criminalità organizzata e per aver inventato i «Pizzini della Legalità». E insomma… ne parlavamo da tempo di aprire una libreria in periferia. Così abbiamo acquistato la sede. Per noi è stato un grossissimo sacrificio che però ci permette di avere a disposizione un luogo che durerà nel tempo, senza dover ricorrere a finanziamenti. Per far fronte alle spese abbiamo venduto per 5 anni delle scatole natalizie al costo di 10 euro contenenti libri, stelle di natale ecc. Con i soldi ricavati abbiamo acquistato lo spazio.
Che tipo di volumi si trovano nella vostra libreria?
Io la chiamo «editoria terrona», cioè case editrici prevalentemente del Sud, o case editrici indipendenti. Poi ovviamente ci sono anche i libri di Saviano o di Carofiglio, e un’attenzione particolare è dedicata ai ragazzi. Attorno all’attività della libreria ruotano poi tante altre iniziative per invogliare la lettura.
Per esempio?
Per esempio «il libro sospeso» (anziché il «caffè sospeso»…): decine di persone hanno lasciato in libreria un romanzo, un saggio, un volume di poesie per chi non può permetterselo. A volte ci sono famiglie che frequentano i nostri locali, girano tra gli scaffali, guardano incuriositi, vorrebbero acquistare libri ma non possono… proprio pensando a loro è nato «il libro sospeso».
Sono soprattutto loro, le famiglie, a frequentare la libreria?
Sì, sono soprattutto le famiglie del quartiere. All’inizio non è stato facile attirare l’attenzione. Per avvicinarle è stata fondamentale anche l’attività teatrale che svolgiamo nei nostri 140mq. Nel 2010, tra l’altro, insieme con Maddalena Stornaiuolo abbiamo costituito Vodisca Teatro, compagnia di teatro civile in scena in tutta Italia. E nel 2011 abbiamo fondato a Napoli il webmagazine dedicato al mondo teatrale campano Quarta Parete. Il teatro è un mezzo di aggregazione potentissimo. Poi nei locali della libreria facciamo anche tanti laboratori, come «l’ospedale dei libri», che non è un laboratorio in cui semplicemente si restaurano libri ma un laboratorio in cui si prendono i libri rotti e si fanno riparare dai bambini ex detenuti che in questo modo aggiustano anche loro stessi. È bello perché i ragazzi si avvicino al libro come oggetto, e se manca una pagina devono inventare la pagina che manca.
Non hai mai desiderato lasciare Scampia?
Scampia è casa mia. Ho un senso molto forte di appartenenza. Ho scelto di vivere qui perché credo di lasciare un mondo migliore rispetto a quello che vedevo io da bambino. Forse fra tanti anni i giovani avranno qualche opportunità in più e allora vorrà dire che ne è valsa la pena.
E la squadra Scampia Rugby Football Club come va?
L’ho fondata nel 2013 perché era un altro dei tanti progetti in cui credevo. Ma ora non riesco più a seguirlo personalmente.
Pensi che il fenomeno Gomorra abbia fatto bene a Scampia?
Cinematograficamente io sono un grande appassionato della fiction Gomorra. Ma la realtà è diversa da quella che viene raccontata. Oggi a Scampia ci sono 120 associazioni che lavorano sul territorio. Se poi pensiamo alla lotta fra camorristi a cui fa riferimento Saviano, beh, la realtà era molto peggio… E comunque resto un grande appassionato della fiction.