È scontro diplomatico tra Germania e Vietnam. Il governo di Angela Merkel ha dichiarato «persona non grata» il rappresentante dell’intelligence accreditato all’ambasciata vietnamita. Nei giorni scorsi il ministero degli Esteri ha dato 48 ore di tempo al funzionario per lasciare il paese e ha deciso di convocare l’ambasciatore.

ESISTONO infatti «seri sospetti» che i servizi della Repubblica socialista siano responsabili del sequestro di un cittadino vietnamita in territorio tedesco. La vicenda parte durante i primi giorni di agosto, quando l’imprenditore Trinh Xuan Thanh, su cui pende un mandato di cattura internazionale, si è consegnato alla polizia vietnamita. O almeno questa è la versione data dalla stampa ufficiale ad Hanoi. Dal 2007 al 2013 Thanh è stato a capo della PetroVietnam Construction Joint Stock Corporation, una controllata del colosso energetico statale PetroVietnam.

I GUAI PER IL FUNZIONARIO iniziano a giugno dello scorso anno, quando fu fotografato alla guida di un auto blu con targa governativa. All’epoca Thanh ricopriva però soltanto l’incarico di vice presidente della provincia di Hau Giang. L’attribuzione della targa, che a quanto pare non gli spettava, pare sia stata soltanto una svista degli uffici preposti. Sebbene di poca portata, il caso ha comunque esposto Thanh all’attenzione generale.

COSÌ COME LA CINA di Xi Jinping anche il Vietnam e il locale Partito comunista guidato da Nguyen Phu Trong sono alle prese con una campagna anti-corruzione (il Paese è al 113 posto su 176 posizioni nella classifica di Transparency International) e al pari di quella in atto nella Repubblica popolare è considerata un modo per risolvere per via giudiziaria le lotte interne tra le fazioni, e non soltanto per ridare legittimità alla dirigenza e fare pulizia.
Fatto sta che il 9 giugno 2016 Thanh finisce sotto inchiesta. L’accusa è di aver causato all’azienda della quale è stato a capo perdite per 147 milioni di dollari. Un mese dopo il funzionario ed ex membro del partito comunista vietnamita scompare. Soltanto a settembre il ministero per la Pubblica sicurezza formalizzerà le accuse nei suoi confronti.

ESPULSO DAL PARTITO e non solo, perché contro di lui viene anche disposto un mandato d’arresto internazionale. Ma intanto del fuggitivo si sono perse le tracce. Almeno fino allo scorso 23 luglio, quando al parco Tiergarten di Berlino viene raggiunto da uomini armati e portato via.

Il giorno seguente avrebbe dovuto discutere della sua richiesta di asilo politico nel paese dove all’inizio degli anni Novanta aveva vissuto per breve tempo. Anche il caso Thanh potrebbe essere legato alle manovre intestine alla politica vietnamita. Come ricorda il giornalista David Hutt in un’analisi su Asia Times, il caso ricorda da vicino quello di Dinh La Thang, già direttore generale di PetroVietnam, silurato e fatto fuori dal Politburo lo scorso maggio.

NON ACCADEVA DA 21 ANNI che un componente l’ ufficio politico del Partito venisse espulso.
E dal 1986 si contano soltanto altri due casi. Stella nascente della nomenclatura comunista Thang, a 56 anni, era considerato forse troppo giovane per sedere nel gotha del Pcv.

La caduta dell’ex ministro dei trasporti si è consumata nel giro di quattro giorni. Il 7 maggio il comitato centrale votava con una maggioranza del 90% la sua espulsione dal Politburo. Tre giorni dopo veniva confermata la sua defenestrazione da capo del Partito a Ho Chi Minh City. La parabola dell’ex top manager di PetroVietnam appare legata ai destini politici dell’ex primo ministro Ngyuen Tan Dung, sfiduciato a maggio dello scorso anno e grande sconfitto del dodicesimo congresso del Partito comunista del gennaio 2016 che confermò segretario generale il 71enne conservatore Nguyen Phu Trong, considerato un politico pro Pechino. Fu una battuta d’arresto del doi moi, il «rinnovamento» iniziato nel 1986 e in questo caso inteso anche come rinnovamento della dirigenza.

Per quanto riguarda il caso di Thanh, invece, resta da capire come sia arrivato da Berlino ad Hanoi. È sempre Hutt a ipotizzare che l’ex alto funzionario possa essere transitato prima per un paese terzo.

Citato da Deutsche Welle Duy Hoang, portavoce del partito riformista e anti-comunista Viet Tan, non nasconde lo stupore per il fatto che l’azione possa aver avuto luogo in Germania.

PER L’ATTIVISTA infatti, i servizi di Hanoi sono soliti muoversi in questo modo nei paesi del sudest asiatico. Di fatto non gli unici. Il caso più eclatante è quello dei cinque librari di Hong Kong, tutti gravitanti attorno a una casa editrice specializzata nella pubblicazione di volumi scandalistici sulla vita dei leader cinesi.

I cinque scomparvero alla fine del 2015, a quanto pare prelevati da unità speciali di Pechino dall’ex colonia britannica. Uno, Gui Minhai, per giunta con passaporto svedese, fu sequestrato in Thailandia. Più di recente accuse simili sono piovute contro la Junta militare al potere a Bangkok.

L’esercito thailandese le rimanda al mittente, ma gli viene imputati di aver sequestrato, Wutthipong Kachathamkhun, meglio conosciuto come Ko Tee, uno dei leader della fazione più radicale delle camicie rosse, il movimento vicino alle istanze dell’ex primo ministro in esilio Thaksin Shinawatra, da tre anni riparato in Laos.

UN’AZIONE che a quanto pare sarebbe avvenuta con il sostegno delle autorità laotiane. Per Tran Quoc Thuan, ex componente dell’Assemblea nazionale vietnamita sentito dalla Bbc, non sono invece da escludere pressioni sull’ex manager della PetroViet per spingerlo a confessare. La confessione alla fine è arrivata. In diretta televisiva, con un rituale che ricorda quanto ultimamente accade spesso in Cina. «Pensavo in modo immaturo e ho deciso di nascondermi», ha raccontato l’imprenditore, «Alla fine ho realizzato di dovermi mettere faccia a faccia con la verità». Per la paura «ho cercato rifugio in Germania, dove ho vissuto nell’ansia e nella precarietà».

A BERLINO non resta che continuare a esercitare la proprio influenza affinché Thanh sia riportato in Germania. Se così fosse si procederebbe in parallelo nell’esaminare la richiesta di asilo politico assieme all’estradizione sollecitata da Hanoi a margine del G20 di Amburgo, dopo l’incontro tra il primo ministro Nguyen Xuan Puc e la Cancelliera Merkel.