Il generale apprezzamento di stima verso Ermanno Olmi ha rischiato negli ultimi anni di mettere in ombra quanto il suo cinema più recente fosse azzardato. Basta evocare l’ultimo film da lui diretto, Vedete, sono uno di voi, in cui la voce di Olmi assume sin dall’inizio il ruolo del cardinale Martini, rendendo trasparente la dichiarazione del titolo e unendo il soggetto in prima persona («sono») con una seconda persona («vedete», «voi») il cui plurale ribadisce la necessità di singolarità infinite («uno»).

Si tratta di un procedimento inverso ma con esiti convergenti rispetto a quel film unico che fu E venne un uomo in cui la figura del «mediatore» (Rod Steiger) sostituisce l’attore che interpreta papa Giovanni. E i due film sono legatissimi non solo dal ritorno di Angelo Roncalli tra le vicende di guerra narrate nel film su Martini, ma proprio per questa adesione critica (perché sempre consapevole dell’irriducibilità individuale) a un’idea di corpo plurale che passa attraverso il Cristo, anche lui «mediatore» tra umano e divino.

Il film su Martini è uscito nello stesso anno 2017 che ha portato il ritrovamento dell’inedito realizzato da Olmi nel 1968, La tentazione del suicidio nell’adolescenza (ritrovamento di cui non si sarà mai abbastanza grati alla Fondazione Luigi Micheletti di Brescia e a Tatti Sanguineti). In quest’anno, il 2018, in cui il 1968 è tornato con tutta la sua ineludibilità di evento, quel «piccolo film», realizzato «su commissione» della ditta farmaceutica Sandoz e da essa lasciato scetticamente improiettato, è tra le prove maggiori che quanto vi avveniva non cercava conferme di evidenza mediatica ma poteva affidarsi alla forza dell’inattualità.

Quell’inedito, segnando i limiti di sconfitta rispetto al suicidio e alla morte nella psichiatria classica, era il miglior avvio alla rivoluzione basagliana, e insieme un rovesciamento del discorso di morte, rovesciamento che il maggior cinema di quell’anno ha messo «al posto di comando», con Straub-Huillet, il misconosciuto Seduto alla sua destra di Zurlini, Atti degli apostoli di Rossellini (di cui Gianni Menon e Marco Melani hanno evidenziato la forza liberatoria)…

Olmi si è incontrato più volte, nel suo fare singolare, con i due massimi, Rossellini e Dreyer (cineasta che nel ’68 con la morte rende indispensabile seppur irrealizzato il progetto del Jesus). A Rossellini lo unisce anche un’immersione del cinema nella televisione, di cui «Fuori orario» ha fatto riapparire recentemente molti tasselli.
Olmi realizza in parallelo con Rossellini e Cottafavi la miglior enciclopedia della storia. In ciò il suo penultimo film, Torneranno i prati, anch’esso sottovalutatissimo, va ancora scoperto nella radicalità di uno sguardo che vede nelle trincee della prima guerra mondiale il buco nero della storia, già evidenziato dalle immagini di Luca Comerio ma qui reso come durata perdurante, tale da raggiungere il centenario della vicenda come se quegli attori che interpretano soldati ormai marciti nei prati dicessero anch’essi «vedete, sono uno di voi».