Dopo quattro mesi e dieci giorni di carcerazione preventiva, il Tribunale di Amburgo potrebbe finalmente liberare Fabio Vettorel. Ma la Procura è contraria: vorrebbe perpetuare lo scandalo della detenzione del diciottenne studente-operaio di Feltre (Belluno), arrestato in occasione delle proteste del luglio scorso contro il vertice dei G20 nella città anseatica. La notizia si è diffusa nel tardo pomeriggio di ieri dopo che, al termine della quarta seduta del processo a suo carico, i suoi legali – Gabriele Heinecke e Arne Timmermann – avevano formalizzato la richiesta di scarcerazione per Vettorel. Erano stati già ascoltati quattro dei sei testimoni a suo carico, tutti poliziotti in servizio la mattina di venerdì 7 luglio scorso, nella zona di Rondenbarg. Nessuno di loro era stato in grado di riconoscere Fabio tra i manifestanti dello spezzone che era stato caricato. E tanto meno di identificarlo tra quanti avessero posto in essere comportamenti violenti o atteggiamenti aggressivi nei confronti delle forze dell’ordine.

Ragion per cui la difesa era passata al contrattacco: «Signor giudice, cosa sappiamo sinora con certezza? Soltanto che quel giorno l’imputato era lì. – ha arringato Heinecke – All’inizio del corteo e alla fine. Nessuna prova che abbia partecipato a una sassaiola che per ora è solo presunta. Solo sospetti, dopo quattro lunghe udienze». E l’avvocato Timmermann ha subito dopo aggiunto: «Sono emerse molte contraddizioni, tra le testimonianze dei poliziotti ma anche rispetto agli stessi video della polizia. Fabio è un ragazzo. Come potete ancora giustificare la sua detenzione, signor giudice? La sua condotta processuale è chiarissima: lui si è dichiarato innocente e rivendica il diritto a manifestare. È irrealistico pensare che voglia in qualche modo sottrarsi al giudizio». Di qui l’istanza e la conseguente decisione del Tribunale: il giovane imputato (Fabio viene considerato ancora minorenne dal diritto penale tedesco) potrebbe uscire dal carcere, pur se sottoposto a rigide misure restrittive della libertà di movimento, inconsuete in simili casi. Non dovrebbe infatti lasciare Amburgo, sarebbe obbligato a comunicare preventivamente i suoi spostamenti in città, a firmare ogni giorno in un commissariato di polizia, e a versare 10.000 euro di cauzione. Tutte condizioni che la madre Jamila Baroni, presente da mesi in Germania per seguire il processo, si è subito detta disposta ad accettare. Ma come una doccia gelata è arrivata l’opposizione dei pubblici ministeri.

Nei prossimi giorni si pronuncerà la Corte d’Appello, forse già questa mattina sulla sospensione della scarcerazione, in attesa delle prossime udienze del 27 novembre e 4 dicembre. «È una vicenda surreale, – commenta Jamila Baroni – trovo illogico che la Procura abbia fatto ricorso. Ma in fondo, finora, ho visto prevalere atteggiamenti che non corrispondono a una logica di giustizia». Una vicenda che, secondo la trasmissione della televisione pubblica Zdf Aktuell, avrebbe potuto svolgersi ad Ankara e non nella «democratica» Amburgo.