Potrebbe trattarsi solo di una crisi di crescita. Eppure, all’indomani della clamorosa affermazione elettorale dell’Alternative für Deutschland, la piena rottura che si è consumata tra l’ex leader Frauke Petry e la nuova leadership sembra segnalare anche tutta la difficoltà insita nel tradurre in un coerente progetto politico l’appello al risentimento e alla xenofobia che ha fruttato all’AfD poco meno di 6 milioni di voti.

Su questo sembra aver puntato Petry che durante la conferenza stampa che celebrava l’ingresso dell’AfD nel Bundestag ha annunciato di non voler far parte del nuovo gruppo parlamentare, per perseguire una «ragionevole politica conservatrice» e non le sparate estremiste dell’attuale gruppo dirigente, guidato da Alexander Gauland e Alice Weidel. Uno strappo cui ha fatto seguito una vera e propria scissione, per quanto per il momento ridotta nei numeri.

Con Petry lascerà anche suo marito Marcus Pretzell, parlamentare europeo e presidente del gruppo AfD nell’assemblea della Renania del Nord-Westfalia, forte di 16 eletti che potrebbero seguirne l’esempio. Allo stesso modo non è chiaro cosa potrà accadere in Sassonia, nel cui parlamento regionale Petry sedeva fino a domenica come capogruppo del partito. A Dresda si contano già altre due defezioni, quelle di Uwe Wurlitzer e Kirsten Muster.

Per costituire un gruppo autonomo al Bundestag, l’ex presidente dell’AfD ha bisogno di 36 parlamentari, sui 94 eletti, ma è presto per dire se ci riuscirà. Il segnale che ha lanciato potrebbe però essere raccolto dagli attivisti di diversi Länder che già quest’estate hanno dato vita a una corrente interna ribattezzata Alternative Mitte (l’alternativa di centro) per controbilanciare le spinte radicali assecondate da Gauland e Weidel che nella prospettiva di fare man bassa di voti hanno accolto nelle liste del partito gli esponenti del movimento anti-islamico Pegida, figure legate alle confraternite studentesche ultranazionaliste, come Danubia, al circuito degli Identitari, al mondo hooligan, negazionisti e adepti del cospirazionismo. Anche se ora annunciano, per bocca dello stesso Gauland che «una cosa era la campagna elettorale, in parlamento avremo altri toni».

La frattura con Petry si era aperta lo scorso anno, quando lei aveva chiesto, senza riuscirci, l’espulsione di Björn Hocke, uomo forte del partito in Turingia, che aveva definito il memoriale della Shoah di Berlino come «il monumento della vergogna». Poi, al congresso di Colonia in primavera, la sua linea era stata sconfitta e lei stessa era stata nei fatti esautorata.

La querelle ha però anche un evidente aspetto paradossale se si tiene conto del fatto che era stata proprio la ex leader a trasformare nel 2015 il partito anti-Ue e anti tasse fondato due anni prima dall’economista Bernd Lücke in un movimento anti-immigrati e a favorire, in Europa, l’abbraccio con il Front National di Marine Le Pen.

Restano perciò, come ha scritto lo Spiegel, i dubbi su quale linea alla fine prevarrà e se e come ai debuttanti della politica dell’AfD sarà imposta una qualche disciplina di partito.