La pacificazione tra le regioni libiche di Tripolitania e Cirenaica sembra sempre più vicina. Due giorni fa si sono conclusi nella città libica di Ghadames i lavori del Comitato militare congiunto formato da cinque rappresentanti del Governo di Accordo nazionale (Gna) di Tripoli e cinque dell’Esercito nazionale libico (Enl) di Tobruk al termine dei quali le due parti hanno raggiunto un’intesa sui termini di attuazione dell’accordo di cessate il fuoco (annunciato lo scorso 23 ottobre) e sul ritorno di tutte le forze militari nelle loro basi.

GNA ED ENL, ha riferito la missione Onu in Libia (Unsmil), hanno concordato di formare un sottocomitato militare che supervisionerà il ritiro dei gruppi armati e delle milizie straniere dalla linea del fronte. La città di Sirte (a metà strada da Tripoli e la cirenaica Bengasi) diventerà sede del Comitato congiunto 5+5, mentre quella di Houn del sottocomitato.

I risultati di Ghadames patrocinati dall’Onu sono stati accolti con favore dalla comunità internazionale. Eppure non tutti sono convinti che l’accordo di cessate il fuoco tra le due parti potrà durare.

L’International Crisis Group (Icg) è tra questi: due giorni fa l’ong di stanza a Bruxelles ha affermato che i termini della tregua sono «troppo vaghi». Due i problemi principali per l’Icg: la mancanza di dettagli sul trasferimento delle forze armate di Tripoli e Tobruk e lo smantellamento delle rispettive milizie.

C’è poi la questione dell’ingerenza straniera da risolvere: il ministro della difesa di Tripoli ha già fatto sapere che il cessate il fuoco non si applicherà alla cooperazione militare con l’alleata turca.

MA IN QUESTE ULTIME ore l’altra importante notizia è la visita storica in Egitto del ministro degli Interni del Gna Fathi Bashaga. Per la prima volta un alto funzionario di Tripoli è atterrato al Cairo, paese che ha sempre sostenuto la Cirenaica e ha più volte minacciato un intervento armato qualora le forze tripolitane avessero superato la «linea rossa» di Sirte.

Bashagha non è un ministro qualunque: uomo vicino a Turchia e Qatar, è il principale candidato a succedere ad al-Sarraj che dovrebbe lasciare la guida del Gna una volta formato il nuovo governo. L’apertura degli ex nemici pro-Tobruk è nei fatti un riconoscimento del suo ruolo e peso politico.

Secondo il giornale emiratino al-Sharq, Bashagha avrebbe proposto agli egiziani di farsi riconoscere come premier in cambio del suo sostegno ad Aguila Saleh (attuale presidente del parlamento di Tobruk) alla presidenza del Consiglio di Presidenza. Da Bengasi, però, smentiscono qualunque accordo tra Bashagha e governo dell’est.

Come smentisce con forza la Marina militare italiana la ricostruzione fatta da Repubblica sul sequestro dei 18 marittimi di Mazara del Vallo avvenuto lo scorso primo settembre a largo delle acque di Bengasi.

IL QUOTIDIANO aveva scritto ieri che la Marina era vicina ai pescatori, ma «li abbandonò». In una nota la Marina fa sapere che non ha mai avuto contatti con i nostri connazionali e che, una volta acquisita la notizia, non poteva più intervenire «sia per la distanza in gioco che per la dinamica dell’evento»: l’eventuale arrivo di un elicottero italiano «avrebbe innescato un processo escalatorio». Sulla questione Fratelli d’Italia annuncia un’interrogazione parlamentare.