Professore di sociologia all’Instituto Universitario de Lisbona (IuL), Renato do Carmo è direttore dell’osservatorio sulle disuguaglianze. Al centro dei suoi studi le dinamiche di precarizzazione e struttura delle disuguaglianze. Tra i molti lavori pubblicati, due meritano di essere citati: Teoria social da austeridade: para uma crítica do processo de precarização, Revista do Serviço Publico; The persistence of class inequality: the portuguese labour force at the turn of the millennium, Sociological Research Online.

Di fronte alla grande crisi politica che sta vivendo l’Europa, con un consistente aumento della forza dei partiti populisti di destra ed estrema destra, il terremoto politico italiano e la crisi catalana il modello portoghese è indicato da buona parte della stampa, tra cui il Financial Times e l’Economist, come un’eccezione e quindi una possibile via di uscita….

Dobbiamo inquadrare quanto succede in Portogallo nel contesto storico e politico che l’Europa sta vivendo, è evidente che l’attuale configurazione politica è un’eccezione – non ci sono altri governi a guida socialista appoggiati anche dalla sinistra più radicale – così come questa eccezionalità, visti i risultati, potrebbe rappresentare un punto di riferimento replicabile in altri paesi.

Quali sono state le principali misure politiche scaturite dall’alleanza delle sinistre parlamentari?

I punti fondamentali intorno a cui si è sviluppato l’accordo hanno riguardato il reintegro dei redditi, con l’abolizione della sovrattassa introdotta dal precedente governo di centro destra, riqualificazione dei servizi pubblici, stabilizzazione delle carriere nella pubblica amministrazione e, più in generale, la riqualificazione dei servizi sociali.

A guardare i dati, soprattutto per quel che riguarda la crescita del Pil, ma anche del consenso nei confronti del partito socialista, si rimane stupiti…

Non ci sono dubbi che queste politiche hanno avuto un effetto importante sulla dinamizzazione dell’economia e quindi sulla riduzione della disoccupazione e del deficit. Ciò che in un primo momento sembrava impossibile all’interno dell’Unione europea di fatto è stato realizzato.

Lo sviluppo economico di questi anni è stato consistente, tuttavia l’esperienza ci insegna che l’aumento del Pil non sempre è legato a un deciso miglioramento delle condizioni di vita delle persone…

Questo è il punto centrale, perché i timori che la crescita di questi anni possa avere basi fragili ci sono. Intanto perché il turismo, uno dei settori maggiormente in espansione, è molto volatile, basta poco che il ciclo cambi e i numeri si riducano. E poi sappiamo che la qualità del lavoro, basato su stagionalità e precarietà, è molto basso. Ridurre la disoccupazione non è l’unica questione, ci si dovrebbe interrogare anche su che tipo di occupazione si sta creando.

Anche in Portogallo si fa ricorso in modo sempre più deciso all’uso delle partite Iva (recibos verdes), ovvero a figure che in teoria sono lavoratori autonomi ma che in realtà sono a tutti gli effetti lavoratori subordinati…

Quello dei cosiddetti falsi recibos verdes è un fenomeno antico, che risale agli anni ottanta. In alcuni settori dell’economia questo modello è diventato dominante: arte, cultura, nuove tecnologie.

In questo senso è stato fatto qual cosa?

Se ne parla, ci sono proposte che vanno nella direzione di riconoscere maggiori diritti come, ad esempio, fare in modo che le spese previdenziali siano condivise con chi assume, tuttavia ci sono molte resistenze e poco è stato fatto.

La povertà non è più legata solo a situazioni di marginalità ma, buona parte dei nuovi poveri in Europa, sono persone che hanno un lavoro…

Anche qui non siamo di fronte a un fenomeno nuovo, anzi. In Portogallo abbiamo sempre avuto una percentuale di lavoratori poveri mediamente maggiore a quella dell’Unione Europea una fetta della popolazione piuttosto consistente: 10, 11%. Da questo punto di vista si registra un inasprimento di queste tendenze, soprattutto tra i più giovani e anche tra coloro che hanno livelli di scolarità elevati il cui reddito, spesso, non supera i 6-700 euro. Una dinamica di lavoro basata su contratti precari senza protezione e bassi salari.

Appunto i bassi salari e, quindi, le disuguaglianze sono il grande tema, il salario minimo è ancora sotto i 600 euro. Cosa è cambiato, se qualche cosa è cambiato, negli ultimi anni…..

No, non tutto è uguale, le statistiche ci dicono che le disuguaglianze, comparativamente con il resto dell’Europa pur ancora molto alte, sono scese. Erano già scese nel periodo del governo socialista di José Sócrates, tuttavia non è sufficiente.

Probabilmente una delle riforme più importanti del primo ministro Costa è stata quella di eliminare le aliquote impositive sui redditi introdotte nel periodo del governo di centro destra di Passo Coelho, tuttavia poco è stato fatto per il welfare state

Questo è uno dei punti all’ordine del giorno in questo momento. Occorre infatti ricordare che l’austerità non è stata solo una politica di tagli dei redditi ma anche di relativo smantellamento dello stato sociale e di una forte deregolamentazione sulla legislazione del lavoro con conseguente impatto sulla precarizzazione. Certo non tutto è iniziato nel precedente governo, ma con la crisi, l’austerità e l’aumento della disoccupazione la precarizzazione si è intensificata.

I primi anni del governo Costa sono stati caratterizzati da riforme molto importanti cosa sta succedendo ora?

Dopo un primo periodo di grande dinamismo ci si aspettava si passasse a una seconda fase in cui fosse introdotta un’agenda di riforme maggiormente progressista e invece le aspettative sono state in parte deluse.

In questo ultimo anno ci sarà ancora tempo per affrontare in modo più deciso alcuni dei problemi strutturali di cui stiamo parlando?

Da questo punto di vista non sembra esserci una volontà chiara di rompere in modo decisivo i circuiti generativi di disuguaglianza e di precarietà. È improbabile che nel prossimo futuro assisteremo all’adozione di misure di carattere redistributivo più radicali. L’investimento nello stato sociale, educazione e salute è stato di fatto molto al di sotto di quello che ci si aspettava. Non è un caso che la maggior parte delle rivendicazioni, in un contesto di basso conflitto sociale, abbiano a che vedere con l’insoddisfazione rispetto alla qualità dei servizi pubblici.

Abbiamo iniziato parlando di eccezione e, nonostante le molte riforme mancate, l’alleanza delle sinistra ha avuto risultati importanti se non altro perché mantiene aperta una tensione positiva. Resta da capire quanto a lungo possa durare questo stato di eccezionalità e quanto alto sia il rischio di un ritorno a percorsi più tradizionali…

Uno dei grandi limiti a che si adottassero riforme più incisive è da ascriversi ai vincoli dovuti alla congiuntura internazionale e quindi nel futuro molto dipenderà da quello che succede in Europa. Se la matrice continuerà a essere quella neo-liberale che, nonostante tutto, continua a essere quella dominante, io penso che pur potendoci essere dei miglioramenti, questi continueranno a essere relativamente moderati. L’ossessione per il deficit e la riduzione del debito fanno sì che i margini di negoziazione siano ridotti. Con questo non voglio dire che l’alternativa sia l’uscita dall’euro ma è indubbio che i trattati Euro rappresentino una barriera difficilmente superabile.