A volte basta domandare per ottenere le risposte. È quello che ha fatto l’Unione degli Universitari (Udu) attraverso un sondaggio per avere dati reali su quello che già le donne sapevamo: le università non sono luoghi sicuri. I dati che emergono dal report La tua voce conta, presentato ieri alla Camera, sono drammatici. «Dimostrano che violenze e molestie di genere sono un problema strutturale del Paese e i luoghi della formazione non si salvano» spiega la coordinatrice nazionale Udu, Camilla Piredda. L’indagine è stata lanciata lo scorso 11 febbraio, dopo il grave caso di molestie avvenuto nell’università di Torino. In poco meno di un mese il sindacato degli studenti ha raccolto più di 1.500 risposte.

OLTRE IL 20% degli intervistati non ritiene le università italiane dei luoghi sicuri, il 34,5% ha sentito parlare di casi di molestia o violenza negli spazi universitari, il 47,4% pensa che il territorio in cui studia non sia per niente o abbastanza attrezzato a ricevere e gestire segnalazioni di violenza o molestia. Per quasi la metà (il 48%) degli studenti, i docenti sono i soggetti più pericolosi tanto che il 37% trova «non sicuro» lo studio del professore. Così come non sentono sicuri i luoghi del tirocinio (34,7%). Oltre alle percentuali, sono le testimonianze dell’angosciante quotidiano delle studentesse, alle prese con una costante rivendicazione maschile di potere, a dare il senso del problema: «Con quel visino può fare la escort, ci pensi. Guadagnerebbe anche bene», «mi sono piegata per firmare il foglio delle presenze e il medico tutor ha fatto apprezzamenti non richiesti e allusioni sul volermi vedere piegata altrove», «sono stata più volte toccata dal mio relatore di tesi durante le correzioni del testo».

«LE STORIE emerse non ci hanno stupito, noi lo sapevamo già» dicono le studentesse dell’Udu. Neanche il fatto che le denunce siano poche sorprende: «Nella maggioranza dei casi le studentesse devono scegliere tra il loro percorso accademico e il diritto di denunciare, sapendo che le denunce non porteranno a nulla, che l’ateneo si preoccuperà sempre più della propria immagine piuttosto che della sicurezza delle studentesse». Tanto vale «abbandonare il percorso o cambiare ateneo per la propria serenità». «Tutto questo non è normale e lede il diritto allo studio universitario – denuncia l’Udu – è un problema sistemico, della cultura patriarcale in cui viviamo. Lo denunciamo da sempre ma non abbiamo mai avuto ascolto, oggi il problema sta emergendo, grazie anche alle parole di Elena Cecchettin che hanno smosso le coscienze e acceso qualcosa».

TRA LE SEGNALAZIONI anche quelle che riguardano discriminazioni di matrice razziale o abilista e, in minor misura, abusi nei confronti dei ragazzi. Per le studentesse «bisogna introdurre presidi antiviolenza in ogni ateneo, rendere ovunque obbligatoria la figura della Consigliera di fiducia, percorsi obbligatori sull’educazione al consenso». Anche la segretaria dem, Elly Schlein, ha citato ieri lo studio dell’Udu nel suo messaggio sull’8 marzo: «Anche i luoghi del sapere non sono sicuri eppure per rimuovere le cause più profonde di un fenomeno che è culturale e strutturale la repressione non basta: dobbiamo partire proprio dall’educazione alle differenze, al rispetto, all’affettività in tutti i cicli scolastici». Per Nicola Zingaretti «la ricerca accende i fari sulla condizione intollerabile che si vive tutti i giorni e che dobbiamo mettere al centro sia dell’azione legislativa, sia di una ribellione culturale». Mentre di scenario «inquietante sulla condizione femminile nelle università» parla anche il M5S.

«UN FENOMENO che ha tutti i contorni di un problema diffuso ed endemico – hanno detto i parlamentari pentastellati in commissione Cultura -. È assolutamente intollerabile che le studentesse italiane debbano condurre la propria vita universitaria in questo clima, aggravato dalla posizione di potere dei docenti. Il problema è sistemico e la politica, tutta, è coinvolta». Ieri intanto l’Università di Pisa ha distribuito un vademecum che illustra quali sono i principali strumenti a disposizione per contrastare la violenza di genere.