Se Orizzonti indica l’approssimarsi a scorci cinematografici più o meno distanti, prospettive di forme cinematografiche non omologhe, significanti per via di stili, allusioni, ellissi, montaggi del tempo, anche interni alla semplice sequenza – ciò che si è visto nel concorso principale grazie a Larrain e Marcello – allora Atlantis di Valentyn Vasyanovy è il film che legittima questa sezione, per il resto un po’ meno incisiva quest’anno, anche se all’inizio della Mostra, un film come Pelican Bood di Katrin Gebbe almeno praticava un interessante depistaggio dei generi, nell’arco che può andare dalla psicologia e sociologia fino alla parapsicologia, a prescindere...