Nuovo colpo di scena sulle elezioni americane; da New York il procuratore generale Eric Schneiderman ha annunciato di avere aperto un’inchiesta sulla fondazione di charity del candidato presidenziale repubblicano Donald J. Trump, per assicurarsi che rispetti le leggi dello Stato in materia di organizzazioni no profit e caritatevoli.

Schneiderman, che non fa mistero di essere un sostenitore della rivale democratica di Trump nella corsa presidenziale, Hillary Clinton, non è la prima volta che si esprime legalmente contro «The Donald»: nel 2013 aveva citato in giudizio per frode il magnate immobiliare e la sua ormai defunta Trump university, chiedendo la restituzione di 40 milioni di dollari oltre a sanzioni e spese legali

Martedì, in un’intervista alla Cnn, il procuratore ha comunicato che il suo ufficio ha ora sotto esame questa fondazione che si occupa di beneficenza, ma che la sua iniziativa non ha alcuna motivazione di carattere politico.

«Siamo preoccupati che la Fondazione Trump possa aver commesso qualche scorrettezza dal punto di vista del rispetto delle leggi di questo Stato – ha detto Schneiderman alla Cnn – Stiamo indagando e l’abbiamo comunicato, non vogliamo fare clamore indicendo una conferenza stampa, ma solo comunicare l’inizio dell’indagine».

Stando ai media americani l’indagine dell’ufficio di Schneiderman sulla Fondazione Trump risale almeno a giugno, quando ha formalmente messo sotto osservazione una donazione, un versamento di 25 mila dollari versati nel 2013 dalla fondazione del tycoon al procuratore generale della Florida, Pam Bondi, proprio pochi giorni prima che annunciasse la propria intenzione di non unirsi alle inchieste che riguardavano la Trump university.

In quell’occasione Bondi decise di non andare avanti con le indagini, ma ha sempre negato che ci fosse alcun legame tra la sua decisione e la donazione del tycoon newyorkese.

Le notizie dell’indagine arrivano da una serie di articoli del Washington Post nei quali si afferma che Trump avrebbe speso i soldi della fondazione per sé stesso, usandola per riciclare i contributi di altri per farli invece risultare come provenienti da lui, mentre è dal 2008 che Trump non effettua donazioni alla propria fondazione.

Il quotidiano ha anche riferito che la fondazione avrebbe usato 20mila dollari destinati ad attività di beneficenza, per acquistare un gigantesco ritratto di Trump, alto quasi due metri.

In un altro articolo, il Post ha riferito che i destinatari di cinque contributi di beneficenza elencati dalla fondazione Trump, non mostrano nessuna traccia dell’aver ricevuto queste donazioni. Trump non poteva certamente rimanere impassibile a queste accuse, e ha risposto accusando il procuratore generale di essere «una nullità» e insinuando che Schneiderman stia cercando di estorcergli soldi attraverso azioni legali.

«Questa indagine non è altro che una mossa politica della sinistra per distogliere l’attenzione dalla terribile settimana della corrotta Hillary Clinton» è stato il commento del consigliere della campagna elettorale repubblicana, Jason Miller, mentre altri nello staff hanno definito l’azione di Schneiderman «un hack di parte, proveniente da chi ha chiuso un occhio alla Fondazione Clinton per anni, ed ha dato l’endorsement ad Hillary».

Chiamati comunque in causa, i democratici della commissione giustizia della Camera, hanno chiesto al ministro di Giustizia Loretta Lynch di indagare sulla donazione diretta a Pam Bondi, affidando la richiesta ad una lettera dove spiegano che «quel denaro potrebbe aver influenzato la decisione finale» del procuratore generale della Florida.

Nella lettera dei democratici viene riportato anche un commento fatto da Trump a gennaio, durante un comizio per le primarie in Iowa, in cui si vantava delle proprie donazioni ai politici: «Ho dato a tutti – aveva affermato in quell’occasione Trump – perché questo era il mio lavoro. Dovevo donare, perché volevo qualcosa e così la ottenevo».

Questa complessa campagna elettorale continua così tra colpi di scena che mettono in luce i punti deboli dei due candidati meno amati nella storia delle campagne presidenziali americane.

Se il malore di Clinton ha evidenziato ancora una volta come la sua ossessione per la privacy le crei ulteriori problemi di trasparenza e riconoscibilità per l’elettorato, Trump, che da sempre è in odore di frodi fiscali e non solo quelle, con la propria sbruffoneria durante le primarie (e non solo), potrebbe essersi consegnato al procuratore generale Schneiderman con le proprie mani.