Da questa mattina urne aperte nella capitale tedesca per il referendum che potrebbe cambiare davvero il cielo sopra Berlino. Sulla scheda a disposizione di 2,4 milioni di residenti il Sì e il No alla legge per obbligare il Senato del Land a rendere la città climaticamente neutrale entro sette anni.
Un’iniziativa storica; la conclusione del lungo percorso di «partecipazione dal basso» del cartello di associazioni che spazia dagli ambientalisti del «Fridays For Future» ai cristiani di «Bread for the World».

Molto più di una semplice consultazione popolare sul clima: nel quesito non si chiede solo di ridurre del 95% le emissioni entro il 2030 (anziché entro il 2045 come vorrebbe il governo Scholz) ma si impone di farlo «in modo socialmente equo».
Ambiente e giustizia sociale: a Berlino il binomio non piace a Spd, Cdu e Afd che hanno bollato il target del referendum come «irrealizzabile». In compenso corrisponde alla ragione per cui, oltre ai Verdi, ad appoggiare la campagna per «Berlino Klimaneutral 2023» spicca in prima linea la Sinistra.

«Voterò Sì. All’inizio l’aspetto sociale non mi sembrava sufficientemente considerato. Poi però i promotori si sono incontrati con noi della Linke ed è emerso chiaramente che nel processo verso la neutralità climatica saranno possibili miglioramenti sociali dove all’inizio c’era un punto cieco. Una volta sciolto questo nodo, per noi è stato facile schierarci a favore» riassume Katja Kipping, senatrice con funzione di ministra del Sociale nel governo del Municipio Rosso, nonché ex segretaria nazionale del partito.

Endorsement convinto e pesante: la Linke a Berlino vale oltre il 12% del consenso (dato elezioni 2023) cioè più di 186.300 voti, mentre i Verdi forti del 19% ne muovono altri 290 mila circa. Con il quorum del referendum fissato a quota 608.000 voti – un quarto degli aventi diritto – nello spoglio che comincerà questa sera potrebbero rivelarsi numeri chiave per l’esito della consultazione.
In ogni caso, dal punto di vista politico, «Berlin Klimaneutral 2030» rimane il referendum costruito con mesi di lavoro dall’omonimo cartello di Ong, con migliaia di volontari nei parchi, stazioni della metro, parcheggi, semafori, infaticabili nello spiegare i motivi del Sì.

«Non possiamo aspettare ventidue anni o, peggio, il 2050 come propone l’Unione europea. Berlino climaticamente neutrale significa anche indipendenza dalle forniture energetiche dei regimi autoritari, grazie alle rinnovabili e alle misure per efficientare la rete di distribuzione e gli edifici. Il denaro attualmente speso per le importazioni di gas e petrolio sarebbe speso molto meglio» sottolineano i promotori del referendum.

Per adesso nessuno è in grado di dire quanto costerà davvero l’exit anticipata. «Difficile quantificare con sufficiente precisione l’entità della spesa. Dipenderà in larga misura dalle misure che verranno adottate» spiega Bettina Jarasch, vice sindaca di Berlino, ministra per la Protezione del Land, leader cittadina dei Verdi.

In piena rotta di collisione con la borgomastra della Spd, Franzsika Giffey, impegnata nelle trattative per formare il governo cittadino con il leader della Cdu, Kai Wegner. Sul tavolo social-democristiano c’è la controproposta al referendum: un maxi-stanziamento di 5 miliardi di euro «a favore dell’Ambiente».