La decisione della Corte d’Appello di Milano sulla consegna all’Ungheria di Gabriele Marchesi resta sospesa. Il tribunale di Budapest, sollecitato dai giudici di Milano a fornire qualche spiegazioni sulle condizioni delle carceri del paese, ha chiesto una proroga perché la richiesta è arrivata durante il periodo natalizio. Questo il motivo per cui non è stata rispettata la scadenza dell’11 gennaio, come chiesto dalla Corte di Milano, e che probabilmente porterà a un rinvio dell’udienza prevista per questa mattina.

Il 24enne milanese è accusato di aver preso parte all’aggressione di due militanti neonazisti a Budapest lo scorso 11 febbraio. La stessa situazione di Ilaria Salis, che è prigioniera in Ungheria da undici mesi: per lei il processo comincerà il 29 gennaio e rischia una condanna fino a 16 anni. Marchesi, arrestato lo scorso novembre, è attualmente agli arresti domiciliari a Milano e il sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser ha già espresso il suo no all’estradizione, sia per la sproporzione dell’eventuale pena rispetto ai fatti contestati sia per la pessima fama degli istituti di pena ungheresi.

La questione è anche al centro del caso Salis: la 39enne, nelle scorse settimane, aveva fatto arrivare al suo avvocato Eugenio Losco una lettera in cui raccontava la sua situazione in carcere, tra topi e cimici, catene e condizioni igieniche che definire difficili è un eufemismo. Per lei in Italia è nato un comitato per fare pressioni sul governo italiano e per chiedere che, in attesa della sentenza, Salis possa tornare in Italia ed essere messa ai domiciliari.Il senatore di Avs Peppe De Cristofaro ha inoltre interrogato il ministro della Giustizia Carlo Nordio sul suo caso e la sua risposta, evidentemente imprecisa, ha portato gli avvocati della donna a replicare. Secondo Nordio, oltre alla presunta cattiva fama dell’Italia sul fronte delle estradizioni a causa del caso di Silvia Baraldini (condannata a 43 anni negli USa e poi trasferita in Italia, dove ha legalmente finito di scontare la sua pena), non sarebbe possibile far scontare a un detenuto all’estero le misure cautelare in Italia.

Spiegano dunque i legali Eugenio Losco e Mauro Straini: «Quella che Nordio chiama “risoluzione del 23.10.2009 del GAI”, cioè la decisione quadro n. 829/2009 del Consiglio sull’applicazione agli Stati membri Ue del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare (attuata in Italia con decreto legislativo n. 36/2016 ed in vigorein Ungheria dal primo gennaio 2013), contrariamente a quanto afferma il ministro, è assolutamente applicabile al caso di Ilaria Salis ed è proprio la norma che consente l’esecuzione in Italia della misura custodiale degli arresti domiciliari. Ciò che chiede la famiglia di Ilaria».