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La cerchia di Trump ammette la sconfitta, lui no

La cerchia di Trump ammette la sconfitta, lui noDonald Trump – Ap

Stati Uniti Crepe tra i repubblicani, il presidente uscente attacca i suoi nello Stato della Georgia ma il suo entourage si prepara alla transizione. Le tensioni accese dalla Casa bianca non fanno bene: in aumento i crimini d'odio

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 18 novembre 2020

Il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, Robert O’Brien, ha ammesso: Biden, pare, ha vinto le elezioni. Si è poi impegnato a supervisionare una «transizione molto professionale dal Consiglio di sicurezza nazionale alla nuova amministrazione una volta che sarà determinato ufficialmente come il vincitore».

La dichiarazione di O’Brien è una delle prime ammissioni di sconfitta ad arrivare dalla cerchia ristretta di Trump, che invece continua a sostenere di avere davanti a sé un secondo mandato. Ha anche attaccato lo Stato della Georgia per quello che su Twitter ha descritto come un riconteggio «falso» e «SENZA significato».

Questa presa di posizione tanto infondata quanto inscalfibile da parte del tycoon ha ripercussioni sul clima sociale interno statunitense: il segretario di Stato repubblicano della Georgia, Brad Raffensperger, ha dichiarato di essere sottoposto a pressioni crescenti da parte dei colleghi repubblicani per escludere delle schede elettorali, nel tentativo di rovesciare la sconfitta di Trump.

Ha poi aggiunto che la campagna di disinformazione del presidente è ormai sfuggita di mano, tanto che lui stesso ha ricevuto più minacce di morte.

Fino a una settimana fa nessuno al di fuori della Georgia aveva mai sentito il nome Brad Raffensperger. Oggi è il più odiato dai repubblicani: sono i segretari di Stato locali, infatti, ad occuparsi delle votazioni e del loro esito e il suo rifiuto a manomettere il voto lo rende il parafulmine dell’ira di The Donald.

«Il segretario di Stato della Georgia, un cosiddetto repubblicano, non permetterà alle persone che controllano le schede di vedere le firme per frode – ha twittato Trump – Perché? Senza questo, l’intero processo è ingiusto e quasi privo di significato. Tutti sanno che abbiamo vinto lo Stato. Dov’è il governatore?». Poi Trump ha inviato sette tweet in fila per attaccare il processo di riconteggio della Georgia e lo stesso Raffensperger.

Questo clima di rabbia violenta promosso da Trump, secondo gli analisti, è uno degli elementi che ha portato all’incremento dei crimini d’odio negli Usa. Nel suo rapporto per il 2019 ne parla l’Fbi.

I crimini d’odio sono saliti al livello più alto in oltre un decennio: oltre 7.300, quasi 200 in più rispetto al 2018, ma il numero reale potrebbe essere ben più alto poiché solo il 13% circa delle agenzie partecipanti ha segnalato crimini ispirati dall’odio all’Fbi.

I crimini basati sulla razza rimangono tra i più comuni e, se i crimini contro i neri sono diminuiti leggermente, quelli anti-ispanici sono aumentati. Il rapporto ha anche rilevato un aumento di quasi il 7% dei crimini ispirati dall’odio religioso, la maggior parte dei quali hanno preso di mira degli ebrei.

Anche Joe Biden però va avanti per il suo cammino di presidente eletto. Dpo la nomina di Ron Klain come capo di gabinetto, ha comunicato chi lo affiancherà durante il suo mandato: per lo più figure legate al suo ufficio di vicepresidente con Obama e che in diversi modi hanno contribuito alla sua elezione, con una presenza di uomini bianchi molto ridimensionata rispetto alla Casa bianca di Trump.

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