La data di oggi è cerchiata in rosso sul calendario dei partiti indipendentisti catalani. Si saprà infatti se il leader di Esquerra republicana, Oriol Junqueras, dopo due mesi potrà finalmente lasciare il carcere. La notizia è rilevante per molte ragioni. La prima è che un Junqueras fuori dal carcere si convertirebbe in un potenziale capo dell’esecutivo catalano assai più presidenziabile di Carles Puigdemont, che solo la sfrenata fantasia di alcuni può realisticamente vedere come il futuro presidente della Generalitat dal Belgio. Ufficialmente, Erc sostiene Puigdemont, ma chiede alla sua lista, Junts per Catalunya, di specificare esattamente in che modo pensano di eleggerlo. I regolamenti prevedono che debba presentarsi davanti alla camera catalana per poterne ricevere la fiducia, ma se l’ex president varcasse il confine pirenaico scatterebbe immediatamente il suo arresto. Il problema delle norme non sembra affatto preoccupare i fan carlisti, che parlano di investitura telematica o di qualche altra soluzione creativa. Ma è ovvio che un Junqueras libero, per quanto sub judice, sarebbe un’opzione assai più pragmatica.

D’altra parte, se il giudice non dovesse scarcerarlo, il leader di Esquerra chiederà di essere almeno trasferito a un carcere catalano, nella prospettiva di poter partecipare alle sedute parlamentari, previo permesso da accordare. Anche questo è rilevante: al momento, tre dei deputati indipendentisti sono in carcere, e 5 all’estero: il che porta il numero dei deputati indipendentisti a 62, contro i 65 non indipendentisti. Sulla carta il giorno 17, data in cui è convocata la prima seduta della nuova legislatura e in cui si deve eleggere presidente e ufficio di presidenza, questi numeri danno la maggioranza ai non indipendentisti, e pertanto potrebbero dare la massima carica parlamentare a Ciudadanos, il partito più votato, anziché a un esponente di Erc o JxC, che assieme alla Cup teoricamente hanno la maggioranza. Sarebbe uno schiaffo di proporzioni colossali, e fonte di polemiche infinite. Democraticamente dubbio, ma tecnicamente ineccepibile.

Sulle complesse trattative di governo – la Cup con i suoi 4 fondamentali deputati ha già fatto sapere che sosterrà solo un governo esplicitamente secessionista – penderà anche un’altra spada di Damocle: il giorno 15, dopo ben 8 anni e mezzo, si conoscerà il verdetto della causa sul caso di corruzione catalana più grande ed emblematico, il cosiddetto caso Palau, in cui con tutta probabilità Convergència democràtica de Catalunya, il vero partito di Puigdemont, annacquato dai molti cambi cosmetici di nome degli ultimi anni, verrà condannato. O almeno lo saranno alcuni suoi esponenti chiave. Un altro macigno per Puigdemont. Se il giudice gli apre la strada, e Junqueras si muovesse bene, svincolandosi almeno un po’ dall’abbraccio di Puigdemont e della Cup, forse la situazione potrebbe sbloccarsi.