Immaginiamo un paio di forbici magiche che per- mettano di tagliare via dal codice genetico del cibo quel- lo che in natura non si adatta al nostro sistema di produzio- ne sostituendolo con nuove caratteristiche: rese più alte, maggiori nutrienti e così via. Teoricamente, questa tecnolo- gia è già disponibile: il genome editing, una modificazione artificiale del Dna ottenuta con il sistema «taglia e incol- la». Essendo ormai evidente il fallimento della vecchia gene- razione di Ogm nel realizzare i benefìci promessi, le lobby agro-industriali stanno scom- mettendo pesantemente su questa manipolazione genetica definendola «leggera», simile alla selezione tradizionale, solo estremamente accelera- ta. Al contrario, la Corte di Giustizia Europea nel 2018 ha stabilito che deve essere considerata una manipolazione genetica a tutti gli effetti e seguire la regolamentazione in atto per gli Ogm, perché non ci sono prove attestanti l’assenza di rischi per l’agricoltura, l’ambiente e la biodiversità. E in Europa, per nostra fortuna, vale il principio di precauzione.

È falso che i nuovi Ogm siano funzionali all’agricoltura sostenibile: sono incompatibili con l’agroecologia e la biodiversità. Sono fortemente richiesti dagli agricoltori che fanno monocoltura e rifiutano di adottare tecniche più idonee a migliorare la fertilità dei suoli e la resilienza delle zone rurali. L’ultimo tentativo di deregulation per gli Ogm è in atto nel Regno Unito fresco di Brexit: subito a gennaio il Defra (Government Department for Environment, Food and Rural Affairs) ha lanciato una consultazione online per cambiare la legge, che attualmente è quella vigente in Ue. C’è una notevole tracotanza nell’insistenza con cui governi e lobby agroindustriali continuano a mettere in discussione la volontà dell’opinione pubblica.

Basti pensare che un sondaggio di Food Standards Scotland ha scoperto che, accanto al pollo al cloro, gli alimenti Gm sono una delle principali preoccupazioni per il 57% dei consumatori; un altro studio condotto nel 2020 dal National Centre for Social Research sulle questioni legate alla Brexit ha rilevato che il 59% desidera mantenere un divieto sulle colture Gm; che un altro sondaggio più recente, dell’Econo- mic and Social Research Council ha mostrato un 64% di contra- ri alla coltivazione di Ogm. Un particolare non da poco rende «affar nostro» questa battaglia.

Nonostante il fatto che il Parlamento europeo recentemente, per la 50esima volta dal 2015 e con una forte maggioranza, si è opposto agli Ogm.

Quando è stata aperta la consultazione del governo 51 organizzazioni, guidate daSlowFoodintheUKe Beyond GM hanno chiesto ai supermercati di prendere posizione, esortandoli a dimostrarsi fedeli alla volontà dei loro clienti, riscuotendo un seguito notevole nell’opinione pubblica. A questo punto martedì scorso il go- verno britannico, per bocca del ministro dell’agricoltu- ra e dell’ambiente George Eustice, è uscito allo scoperto ribadendo il suo sostegno per l’allentamento dei rego- lamenti. Si potrebbe a questo punto affermare che «il re è nudo», dato che una con- sultazione pubblica non è tale quando si è già deciso. Gli attivisti continuano que- sta battaglia, una lotta impari contro interessi gigante- schi. Per sostenerli tutti possono far sentire la propria voce sui social network, uti- lizzando l’hashtag #NotInMy- Supermarket.