L’intervento militare statunitense nel caos libico non ha cambiato gli equilibri sul terreno: a Sirte restano gli islamisti dell’Isis, a est il generale Haftar occupa un altro porto petrolifero.

Ieri l’esercito del parlamento di Tobruk, ex riferimento dell’Occidente e delle Nazioni Unite e oggi autorità ribelle al governo di unità nazionale (Gna), ha preso il controllo del porto di Zueitina, da tempo sotto assedio, dopo aver occupato domenica quelli di Ras Lanuf e Sidra.

Una sfida aperta a Tripoli che di quei porti vive e sopravvive e ora si ritrova senza buona parte dei fondi necessari a presentarsi ad un paese smembrato come soggetto efficiente e legittimo. Da qui parte verso l’estero la metà dell’attuale produzione energetica libica.

Per evitare scontri diretti i soldati governativi e quelli della Mezzaluna petrolifera si sono ritirati, lasciando ad Haftar campo aperto. Ieri il Gna ha ordinato alle sue forze armate a est di Sirte di riorganizzarsi per lanciare la controffensiva, ma la vera fonte di preoccupazione sta nel maggior peso guadagnato da Haftar nell’eventualità di un prossimo negoziato.

Nell’arco di cento chilometri di costa ci si gioca molto del futuro libico: «Questo passo [l’occupazione dei porti] è un passo contro un accordo di unità – ha commentato uno dei portavoce del Gna – Distrugge le speranze dei libici di porre fine al bagno di sangue».

Ma Haftar non si fa intimidire, forte del sostegno ufficiale dell’Egitto – che su di lui ha scommesso il proprio ruolo in Libia – e ufficioso della Francia che per mesi ha sostenuto militarmente l’esercito del generale in Cirenaica, primario interesse (energetico) di Parigi (e della Total).

A ovest di Zueitina, Ras Lanuf e Sidra c’è l’altro grattacapo del premier di unità al-Sarraj: c’è Sirte. Da settimane gli annunci della sua liberazione vengono ripresi dalla stampa mondiale, per essere subito sconfessati dall’annuncio successivo.

A sei settimane dai primi raid Usa (oggi arrivati ad un totale di 143) sulla città roccaforte dell’Isis, le ultime sacche di islamisti sono ancora asserragliate nell’ultimo quartiere sulla costa. Una settimana fa l’operazione veniva data per conclusa, ma ieri altri attacchi kamikaze fuori dalla città, in direzione Misurata, hanno ricordato a tutti che Sirte rimane occupata, almeno parzialmente, e che tutto il paese può essere teatro di attentati nello stile iracheno.

E se Washington continua con le bombe dal cielo, l’Italia manda soldati a Misurata per l’apertura di un ospedale militare: cento tra medici e infermieri saranno protetti da duecento militari. Oggi il ministro degli Esteri Gentiloni e la ministra della Difesa Pinotti discuteranno la questione in parlamento