Arriva in serata lo scoop di Axios a firma del più informato dei suoi giornalisti, Barak Ravid: Israele avrebbe passato a Qatar ed Egitto una proposta di mediazione per il rilascio di tutti e 130 gli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas. Una pausa nell’offensiva contro Gaza fino a due mesi e vari step: prima il rilascio di donne e uomini sopra i 60 anni, poi le soldate e infine i soldati e i corpi degli ostaggi uccisi nei bombardamenti.

In cambio Israele, oltre alla pausa, rilascerà un numero di prigionieri politici palestinesi da definire e permetterà il rientro graduale a Gaza city e nel nord della popolazione sfollata. Secondo le fonti di Axios, però, Tel Aviv non rilascerà tutti e 7mila i prigionieri palestinesi né offrirà un cessate il fuoco permanente.

POTREBBE dunque essere questa l’iniziativa di cui ieri Netanyahu ha parlato ad alcuni familiari degli ostaggi senza però dare dettagli: «Hamas – aveva detto – chiede la fine della guerra, il ritiro delle nostre forze da Gaza e il rilascio di tutti gli assassini e gli stupratori. Se siete d’accordo, i nostri soldati sono morti invano».

Nelle stesse ore un altro gruppo di familiari di ostaggi in mano ad Hamas aveva portato la propria frustrazione dentro la commissione finanze della Knesset. Sono entrati durante un dibattito, con cartelli chiarissimi: «Non starete seduti qui mentre loro muoiono lì». Hanno gridato e circondato i deputati con i loro corpi e i loro cartelli: «L’agenda pubblica non continuerà», «Ascoltateci, non ci saranno altri commissioni, né (il lavoro della) Knesset, c’è solo una cosa di cui dovete occuparvi».

Poco dopo alcuni familiari sono intervenuti a un incontro della commissione costituzionale: «Il loro sangue è sulle vostre mani e ogni minuto che non lavorate al loro rilascio, li tradite», ha urlato Dalia Kushir, cognata di Yair e Eitan Horn. L’irruzione è il segno della rabbia crescente di un pezzo di società israeliana che sostiene le famiglie dei 130 ancora a Gaza.

UNA DI LORO è Dalit Katzenellenbogen, la cugina di Elad Katzir, israeliano di 47 anni ostaggio a Gaza dal 7 ottobre. Ieri Dalit era a Azza Street, a Gerusalemme, con decine di altri familiari, per chiedere al governo di negoziare. «Vogliamo che tutti gli ostaggi tornino a casa vivi, e non morti – ha detto al manifesto – Per questo dobbiamo parlare, fare una pausa come a fine novembre, perché continuando a combattere torneranno morti».

Cita l’ex capo di stato maggiore Gadi Eisenkot, membro del gabinetto di guerra che insieme al politico oggi più amato di Israele, Benny Gantz, parla di soluzione negoziale: «Anche Eisenkot lo ha detto – continua Dalit – Si deve pensare a una nuova strategia. Fermare la guerra e portare tutti a casa». Poi, aggiunge, si vedrà cosa fare.