La riunione urgente del consiglio di sicurezza dell’Onu di ieri notte ora italiana, richiesta da Israele dopo il massiccio e storico attacco dell’Iran, è l’unico luogo in cui gli avversari si parlano faccia a faccia.

L’ambasciatore iraniano Amir Saeid Iravani, parlando a New York, ha ribadito la posizione della Repubblica islamica difendendo il “diritto intrinseco all’autodifesa” in risposta all’attacco al suo complesso diplomatico in Siria due settimane fa. Iravani ha detto che l’Iran “non cerca l’escalation o la guerra nella regione” e “non ha intenzione” di impegnarsi in un conflitto con gli Stati Uniti, ma ha avvertito che avrebbe risposto proporzionalmente se Israele o l’esercito statunitense dovessero attaccare l’Iran o i suoi interessi.

Posizioni apparentemente non distanti da quelle di Robert Wood, ambasciatore degli Stati Uniti, che ha detto al Consiglio di sicurezza che gli Usa “non stanno cercando l’escalation, le nostre azioni sono state di natura difensiva”. Per Wood l’obiettivo americano era la “de-escalation” e tornare a garantire la fine del conflitto a Gaza. Wood ha anche invitato il Consiglio a condannare inequivocabilmente le azioni dell’Iran facendo sapere che gli Stati Uniti stanno pianificando ulteriori misure alle Nazioni Unite per ritenere l’Iran responsabile.

Dall’altra parte, l’ambasciatore israeliano Gilad Erdan, ha assalito l’Iran e i suoi delegati, dicendo che l’Iran aveva attraversato ogni linea rossa nel suo attacco e che Israele si riservava il diritto di vendicarsi. Erdan ha chiesto al Consiglio di intraprendere azioni severe contro Tehran, comprese sanzioni e dichiarazioni di condanna. “Il fatto che la difesa aerea israeliana si sia dimostrata superiore non cambia la brutalità dell’attacco iraniano”, ha detto.

Sul filo di queste posizioni si tiene per ora tutta la diplomazia internazionale, tesa a evitare ulteriori rappresaglie e un’escalation che rischia di incendiare ulteriormente la regione e il resto del mondo.

Il G7, convocato in teleconferenza da Giorgia Meloni presidente di turno, ha diffuso una dichiarazione congiunta in cui si dichiara totale sostegno a Israele, si condanna l’Iran ma in sostanza si invita a evitare escalation e a risolvere la crisi di Gaza con il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco. In breve, coincide con la posizione di Joe Biden.

Anche Unione europea e consiglio dei ministri degli esteri hanno invitato tutte le parti alla “moderazione” e a evitare l’escalation.

Gli Stati uniti infine devono ancora approvare il pacchetto di aiuti a Israele e Ucraina chiesto dal presidente democratico, approvato dal senato ma in stallo alla camera, controllata da un gruppo di fedelissimi di Trump.

A Tel Aviv la situazione torna lentamente alla normalità, nell’imminenza di Pesach, la pasqua ebraica. Scuole e aeroporti riaperti. I membri del gabinetto di guerra israeliano riuniti ieri non hanno rilasciato una dichiarazione formale dopo l’incontro, ma un funzionario israeliano ha fatto sapere al New York Times che Israele avrebbe senza dubbio risposto, anche se c’era una notevole incertezza su quando e come. L’esercito israeliano sta ancora valutando le possibili opzioni.

L'esodo dei palestinesi verso il nord di Gaza su Rashid street
L’esodo dei palestinesi verso il nord di Gaza su Rashid street, prima della barriera stabilita da Israele al centro della Striscia, foto di Mohammed Talatene /dpa via Ap

A Gaza un piccolo rallentamento nei bombardamenti non allevia le sofferenze della popolazione. Domenica mentre migliaia di palestinesi sfollati tentavano di tornare nelle loro case nel nord, le truppe israeliane hanno sparato sulla folla, costringendo le persone a tornare indietro in preda al panico.

Wafa, l’agenzia di stampa ufficiale dell’Autorità palestinese, ha riferito che 5 persone sono state uccise e 23 ferite da spari e artiglieria israeliane nell’incidente in via Al-Rashid a sud di Gaza City.

Il video di Aljazeera

Secondo Aljazeera, l’esercito israeliano ha comunicato che sta attivando due brigate di riserva per “attività operative” a Gaza. L’annuncio arriva mentre Israele si prepara per un’invasione terrestre di Rafah, la città più meridionale di Gaza che Israele dice essere l’ultima roccaforte di Hamas. La scorsa settimana Israele ha ritirato la maggior parte delle sue restanti forze di terra da Gaza dopo sei mesi di guerra, lasciando i suoi livelli di truppe nel territorio al livello più basso degli ultimi mesi.

L’invasione di Rafah va incontro a una forte opposizione internazionale, in gran parte perché circa 1,5 milioni di persone sono ora affollate in città dopo essere fuggite dall’assalto di Israele.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu dice di essere determinato a “completare” la guerra di Gaza. Assicura che Israele ha fissato una data per l’attacco e ha affermato che c’è un piano per evacuare centinaia di migliaia di civili da Rafah.

In West Bank proseguono gli scontri in corso da giorni tra coloni israeliani, Idf e palestinesi, con diversi feriti palestinesi e decine di arresti.