Mi sono candidato a sindaco di Napoli per ragioni politiche e civiche. Ma forse per un motivo ancora più semplice: mi sono candidato perché molti, tanti napoletani me l’hanno chiesto in questi anni. Cittadini stanchi di vedere una città scassata, dove nessuno si occupa dei beni comuni, della vita quotidiana. E mi sono candidato tanti mesi fa, quando nessun altro si era candidato.

Nella mia campagna elettorale, ho continuato a fare quello che avevo fatto per anni: casa dopo casa, condominio dopo condominio, strada dopo strada, vicolo dopo vicolo, basso dopo basso.

I napoletani mi conoscono e mi riconoscono. Ho fatto già il sindaco e sanno che lo so fare. Ma non ho abbandonato la mia abitudine di postare ogni giorno sui social una mia riflessione sulla città. Un appuntamento virtuale che ha integrato una campagna elettorale che potrei definire analogica, perché incontro e lavoro con i giovani millennial al mio fianco, ma anche e soprattutto vedo, parlo, ascolto tante persone: quelle che non sanno nemmeno cosa sia Facebook e quelle che hanno anche un profilo social ma sanno che la politica non si fa soltanto con i tweet. Io li voglio guardare negli occhi, sentire la loro voce, capire cosa pensano dai loro gesti.

In tutto questo mi aiuta la mia natura politica. Ho cominciato nel 1964: non ancora maggiorenne fui eletto segretario di sezione del Pci. Sono di sinistra, lo sono sempre stato, e chi mi incoraggia e mi sostiene lo sa. Come sa che io parlo a tutti, indipendentemente dall’orientamento politico, parlo da amministratore e da uomo delle istituzioni. Quando ho fatto il sindaco e poi il presidente della regione ho dialogato con governi di destra e di sinistra, senza distinzioni per il bene di Napoli e della Campania.

Per paradosso, in questa competizione per il Comune di Napoli, l’unico candidato realmente civico, non sostenuto dai grandi partiti, sono io, il più politico di tutti, cresciuto a pane e comizi.

Mi presento da indipendente. E proprio il comizio fa parte della mia campagna elettorale. Ne ho fatti in centro e in periferia, da piazza Carità a Barra. Ho imparato da Giorgio Amendola, che faceva i comizi tuonando. Da Pietro Ingrao, che era un poeta in piazza. Da Enrico Berlinguer, che con il suo carisma riempiva le maggiori piazze italiane. Ho imparato da una persona a me molto cara: Alfredo Reichlin, che dai palchi aveva l’abitudine di interloquire con le persone che stavano sotto. E che ha insegnato anche a noi a regolare il comizio, magari a cambiare argomento perché devi capire, devi sentire quello che c’è nella piazza.

A Napoli occorre realizzare una svolta. Si sono accumulati problemi enormi: il bilancio, di fatto in dissesto, la struttura del Comune che da tempo non funziona più come dovrebbe.

Tante cose si possono e si devono fare, malgrado queste difficoltà. Ma è necessario occuparsi anche delle cose più piccole: le buche della strada, i parchi, la frequenza dei bus. Piccole cose concrete, apparentemente minori che però vanno incontro alle necessità primarie dei cittadini. Dobbiamo farlo nei quartieri più difficili, nelle periferie, nei quartieri popolari del centro, nelle zone residenziali, in tutta Napoli.

Io vado a correre, ma andare al parco Virgiliano, per esempio, è diventata una sofferenza atroce: tutti gli alberi abbattuti, le strade dissestate. È cambiato il paesaggio della città. Via Lucrezio, una delle più belle e invidiate nel mondo, con i pini tagliati è irriconoscibile e così tante parti della citta.

Dobbiamo riparare e riqualificare. Dobbiamo ricucire le ferite sociali: basta andare fuori le mense dei poveri, fuori il Monte dei Pegni e si comprende quello che è successo.

Ho sintetizzato in mio programma in tre parole: “Riparare, Ricucire, Rilanciare”, le tre R. Sono queste le direttive da seguire per coltivare l’ambizione di costruire un “modello Napoli”: uno sviluppo innovativo e tecnologico integrato con le vocazioni turistiche e legato al ripristino e al mantenimento dell’ambiente e del territorio, capace di rimettere al centro la persona.

Oggi il Pnrr è l’opportunità per realizzare questo modello, la base solida che può accompagnare e determinare il rilancio di Napoli. Le cittadine e i cittadini chiedono con forza di uscire dalle paure e poter affrontare con fiducia e con coraggio il futuro. Dobbiamo avere obiettivi concreti e sostenibili, rapidi da realizzare, ascoltando le parti sociali, le associazioni, le organizzazioni di volontariato, le cooperative, i centri di cultura e di istruzione.

È quello che ho fatto e che continuerò a fare. Ogni giorno. E’ una battaglia. La sto combattendo e lo devo all’affetto di tanti cittadini, lo devo alla mia storia, lo devo alla nostra Napoli. Guardiamo avanti e andiamo avanti.