Il grande saggio sulla democrazia di Mike Leigh, Peterloo (in concorso) si percepisce come un’alternativa a The Crown, a Young Victoria, a Downton Abbey che veicolano presso il grande pubblico la way of life dell’aristocrazia dei tempi andati. Con una straordinaria visione di massa il regista  mette in scena l’antefatto e la conclusione di un episodio poco conosciuto perfino in Inghilterra della storia inglese,  il massacro di Manchester del 19 agosto 1819 che prese il nome di Peterloo alludendo al luogo dove avvenne (St. Peter’s Field) e alla battaglia di Waterloo che vedeva i reduci arrivare da poco.

IN REALTÀ si trattò di una grande sconfitta per la democrazia e per il popolo (un migliaio di uomini donne e bambini vestiti a festa) che mentre manifestava pacificamente, in favore del suffragio universale fu accerchiato dalla cavalleria del 15° Ussari. Si contarono 14 morti e quasi un migliaio di feriti.
In un periodo in cui i film sono propensi a fare grandi riepiloghi storici forse perché la memoria non si disperda, Leigh si serve di materiali estremamente poco utilizzati al cinema, come i discorsi pubblici, i dibattiti, spesso al cinema stilizzati e ridotti a poche parole chiave lasciando poi il campo all’azione. Nel suo film, come a spiegare il significato delle stampe che ritraggono il massacro, si procede per classi sociali mostrando in maniera quasi didattica la composizione dell’Inghilterra di inizio ’800 come  poi si ritroverà nelle pagine di Marx alcuni decenni dopo: Manchester e le sue industrie tessili, l’estremo impoverimento del popolo dopo la guerra, lo sfruttamento del lavoro di donne e bambini, il grado di giustizia del tutto approssimativo, l’habeas corpus assente. In questo contesto si mostra come operano le componenti politiche, quali sono le istanze e il tono del linguaggio usato, un interessante panorama di terminologie che crea barriere insormontabili tra popolo e le classi alte. Tutti i discorsi riportano puntualmente quelli autentici, il dialetto del popolo è stato precisamente ricostruito (ci chiediamo cosa resterà di tutta questa precisione filologica nel nostro doppiaggio, sarà un secondo «massacro») a renderlo quasi un documentario in presa diretta del passato, ma anche un impressionante scenario per il presente.

TUTTA LA SCALA sociale è mostrata dal film senza semplificazioni con l’alleanza di magistrati,  proprietari terrieri e industriali mentre esercito, polizia e informatori sono al loro servizio. Dall’altra parte la composita scena dei movimenti politici si esprime con un linguaggio totalmente diverso, dall’estremismo al miope movimentismo, fino all’organizzazione della manifestazione pacifica e di massa per la rappresentatività parlamentare da parte della Manchester Patriotic Union con i discorsi trascinanti di Henry «Orator» Hunt rappresentante di punta della democrazia radicale, arrestato per sedizione insieme ad altri leader locali.

Nessuna classe sociale è stata dimenticata, dalle esponenti del suffragio universale, alle popolane che vedono lontano («i risultati si raggiungono un passo alla volta»), ai giornalisti che trasmetteranno l’evento  ideando il titolo Peterloo, insieme alla memoria popolare, alla corte del re pazzo, alle alte sfere assenti, impegnate nei derby. È utile per il pubblico dei giorni nostri porsi a confronto con queste pagine della democrazia inglese dell’800,la più antica d’Europa come insegnano a scuola nata già almeno due secoli prima, per compararla con la nostra e fare i conti con quello che rimane dei vecchi retaggi, degli errori politici, della storia che si ripete sotto forme diverse, dello sfruttamento e dei diritti umani.

La preparazione del film è iniziata 4 anni fa, un enorme lavoro di ricostruzione dei personaggi seguita poi da un cast, con la ricerca dei dettagli, del modo di vivere del popolo come dei privilegiati, della ricerca del linguaggio dell’epoca, del dialetto locale, degli argomenti di conversazione, fino alla sfida di trovare oggi le location adatte in cui girare (non la moderna Manchester, ma il sud dell’Inghilterra).

DELL’ATTUALITÀ degli argomenti, dice Leigh, se ne sono accorti man mano che procedeva la preparazione: «Ci dicevamo: siamo davanti ai problemi della democrazia, del conflitto tra gente che ha potere e gente che non ne ha . E non solo per il paragone con quello che succede negli Usa o in Gran Bretagna, ma per i milioni di rifugiati senza tetto che hanno perso tutto il loro mondo a causa di guerre e repressioni. I miei film non parlano in modo perentorio, suggeriscono qualcosa a ogni spettatore. In questo caso invitano a osservare la macchina politica. Non c’è stato nessun motivo nostalgico nel fare questo film, parla di persone, delle loro necessità. E se il cinema privilegia le classi dominanti è perché hanno vestiti più belli e vivono in splendide dimore, mentre gli altri abitano in abitazioni buie e si chiedono come procurarsi il cibo per il giorno dopo».