La prima privatizzazione dell’era Meloni è realtà. Nonostante gli scioperi, l’appoggio alla protesta e l’interrogazione parlamentare direttamente della segretaria del Partito democratico Elly Schlein, Adolfo Urso ha deciso di infischiarsene e vendere Industria Italiana Autobus (Iia) al traballante e digiuno dalla produzione di autobus gruppo Seri.

Mentre in tutto il mondo la produzione di autobus è ai massimi per aiutare la transizione ecologica, l’Italia non ne produce e li importa dalla Repubblica Ceca, dove l’ex azienda Fiat Irisbus li fabbrica.

Nella risposta all’interrogazione Urso ha alzato una cortina fumogena altissima contestando la gestione e la governance voluta da Di Maio riuscendo nell’impresa di dedicare a Seri solo un accenno: «Sono state presentate 23 manifestazioni di interesse, delle quali solo una si è concretizzata in vera offerta vincolante e non sottoposta a condizioni: solo una su 23», ha sottolineato retoricamente Urso.

Silenzio totale invece sul fatto che il gruppo Seri produca solo batterie e materiale elettrico e che nell’Avellinese – proprio vicino allo stabilimento Iia (ex Irisbus) di Flumeri abbia già collezionato un fallimento da riconversione industriale.

Quanto alla cordata alternativa cosiddetta «bolognese» perché fatta da imprenditori della città della ex Bredamenarini bus (confluita in Iia), Urso ha usato parole sprezzanti: la cordata di cui fanno parte Valerio Gruppioni, Nicoila Benedetto, Maurizio Marchesini e Maurizio Stirpe (gli ultimi due sono vicepresidenti di Confindustria) ha presentato «un’offerta non integrativa, come invece richiesto, visto la scadenza dei termini, bensì alternativa e, purtroppo, deteriore rispetto a quella di Seri, soprattutto sotto il profilo industriale», è la stroncatura del ministro senza entrare nel merito.

La risposta del Pd è stata molto dura: «Ministro, noi ci saremmo aspettati che questa mattina lei ci dicesse, al netto della vicenda di Invitalia, perché lo Stato esce da un’operazione win-win, con una partita di giro di proprie risorse del Pnrr, che debbono arrivare a scadenza certa perché c’è una rendicontazione di spesa certa che bisogna produrre. Ci saremmo aspettati che lei ci dicesse perché esce da un’operazione del genere. ministro, lei lo sa meglio di me: una cosa del genere, in Francia o in Germania non sarebbe mai accaduta», ha contestato il deputato Toni Ricciardi.

Ancor di più, la reazione della Fiom: «Le dichiarazioni del Ministro Adolfo Urso non sono coerenti con gli accadimenti. La decisione del governo di individuare Seri come acquirente è stata presa contro il parere tutti i sindacati e delle Istituzioni locali – attacca Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom – .Per quanto riguarda poi l’ultima fase, unitariamente abbiamo chiesto di poterci confrontare con i due soggetti che avevano presentato una proposta, mentre il governo aveva previsto di incontrare solo Seri. Alla nostra richiesta, la sottosegretaria del Mimit Fausta Bergamotto si è riservata di darci una risposta che non è mai arrivata. Successivamente, senza alcuna comunicazione, il governo hachiuso con Seri – continua Lodi – . La verità è che il governo ha deciso unilateralmente».

La lotta comunque va avanti. «Senza le lavoratrici e i lavoratori di Bologna (159) e di Flumeri (370) oggi non ci sarebbero i due stabilimenti di Iia. È evidente che per noi la questione nei confronti del governo e degli altri soggetti coinvolti, non è chiusa e che attendiamo un confronto per un chiarimento di merito», conclude Lodi.

«Lunedì e martedì ci saranno iniziative di lotta», annuncia Maurizio Muzzicato Rsu Fiom dello stabilimento bolognese.