La vertenza Ita-Alitalia arriva alla Corte costituzionale con giudizi pesantissimi sul decreto con cui il governo ha cercato di dirimere la controversia. La sentenza della presidente della terza sezione Lavoro del tribunale di Roma Tiziana Orru solleva questione di legittimità costituzionale sul «decreto interpretativo» del ministro Giorgetti che cercava di evitare le cause dei lavoratori e lavoratrici Alitalia non riassunti da Ita, nonostante la palese continuità aziendale.

SPECIFICANDO CHE «il ricorso» du 11 lavoratori di terra Alitalia sarebbe da ritenersi fondato» e con giudizi pesantissimi sul testo voluto dal governo: «I dubbi di legittimità costituzione della norma si incentrano in particolare sul fatto che la stessa, sebbene formulata in termini astratti, è in realtà preordinata a condizionare, con l’efficacia propria delle disposizioni interpretative, l’esito dei giudizi ancora in corso. La norma di interpretazione autentica si rivolge a una platea circoscritta di destinatari e, non emergendo altri motivi per la sua adozione che ragioni finanziarie di contenimento della spesa pubblica, rese evidenti dalla natura di impresa a totale partecipazione pubblica di Ita, appare preordinata a definire l’esito di specifici giudizi ancora in corso».

La sentenza, che la giudice ordina sia «notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti del senato e della camera» è di 55 pagine e rafforza fortemente le posizioni dei lavoratori ricorrenti, giudicando dimostrata la cessione di ramo d’azienda che secondo l’articolo 2112 del codice civile prevede la prosecuzione del rapporto di lavoro «ossia il trasferimento dei rapporti di lavoro dei ricorrenti alla società cessionaria del ramo Ita».

Il tutto avviene proprio nei giorni in cui la nanocompagnia, sorta dalle ceneri di Alitalia dovrebbe finalmente convolare a nozze con il gigante Lufthansa, alla faccia del sovranismo che Meloni e Fratelli d’Italia spacciavano contro la vendita ai tedeschi ai tempi del governo Draghi.

A SETTEMBRE 2023 nel decreto legge Energia il governo Meloni con il ministro Giorgetti avevano infilato una norma per dettare la linea ai giudici del lavoro. Con un intervento senza precedenti, il consiglio dei ministri aveva emanato una «nota interpretativa che in coerenza con le decisioni della Commissione Europea, esclude che nel passaggio da Alitalia a Ita vi sia continuità fra le due aziende» che puntava a cancellare l’evidente continuità fra le due compagnie, comprovata dopo che è stato svelato – per primo dal manifesto – il contratto con cui Ita ha acquisito l’intero ramo «Aviation» per un solo euro, consentendo ai lavoratori di Alitalia di conservare posto e stesse condizioni in Ita.

Nel frattempo la giurisprudenza in materia continua a essere contrastante. A Milano, dopo le vittorie in primo grado con il riconoscimento della cessazione di ramo d’azienda – citate nella sentenza di ieri – , in appello l’orientamento è cambiato e tutto sarà deciso in Cassazione.

GLI UNDICI LAVORATORI e lavoratrici sono rappresentati dall’avvocato Gianluca Caputo: «Il giudice ha dimostrato come il decreto legge è una norma apparentemente intepretativa ma di fatto innovativa con intento retroattivo per quello che era accaduto a ottobre 2021 con la nascita di Ita. La natura innovativa della norma in questione emerge chiaramente dalla formula finale in cui limita e vincola le decisioni giudiziarie ad un elemento assolutamente estraneo al testo originario della norma (articolo 56, comma 3-bis, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270) ossia alla circostanza dell’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 2112 c.c. alle cessioni poste in essere in esecuzione del programma di cui all’articolo 27, comma 2, lettere a) e b-bis), del medesimo decreto legislativo, qualora siano effettuate sulla base di decisioni della Commissione europea che escludano la continuità economica fra cedente e cessionario. Il Tribunale di Roma – continua Caputo –  precisa che i dubbi di legittimità costituzionale si incentrano in particolare sul fatto che la nuova norma, per quanto formulata in termini astratti, è in realtà preordinata a condizionare l’esito dei giudizi in corso. Infatti, l’articolo 6 del decreto legge 131/2023 viene introdotto nel settembre 2023 espressamente per superare un contrasto giurisprudenziale sorto per regolare il trasferimento dei rapporti di lavoro in capo ad Ita, cessionario del ramo di azienda ceduto, anche per chi avesse già un giudizio in corso. Ecco che il Tribunale intravede nell’operazione del legislatore la configurazione di una lesione dei principi di autonomia e separazione che dovrebbero sovra-intendere ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale, nonché delle disposizioni che assicurano a tutti l’effettiva tutela giurisdizionale dei propri diritti», conclude l’avvocato Caputo.