Mancano tre giorni al solstizio d’estate, l’afa è già incessante e l’acqua scarseggia, al Nord come al Sud. Si fotografa il momento, ma è il sunto degli squilibri del Pianeta. E che tutto capiti in occasione della Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione ne accresce il senso. Sono problemi con cui dovremo convivere.

IL TEMA ALLARMA I CITTADINI, secondo un’indagine Ipsos lo spettro della desertificazione preoccupa il 62% degli italiani, con una percentuale che aumenta all’83% se viene ampliato l’orizzonte temporale e si guarda al futuro. «Anche per questo – sottolinea Stefani Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, invocando un approccio circolare – serve prima di tutto rivedere gli usi e i consumi dell’acqua, puntando a una diminuzione di prelievi e un efficientamento dell’utilizzo. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici, e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali».

L’ANBI, L’ASSOCIAZIONE italiana dei Consorzi di bacino, fornisce un quadro dei rischi desertificazione in Italia: il 70% della superficie della Sicilia presenta un grado medio-alto. Seguono Molise (58%), Puglia (57%), Basilicata (55%). Sei regioni (Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania) presentano una percentuale di territorio a rischio compresa fra il 30% e il 50%, mentre altre sette (Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Veneto e Piemonte) sono fra il 10% ed il 25%.

SI SBAGLIA SE SI INSEGUE l’emergenza e non si pianifica. L’Italia è stata colpita negli ultimi 25 anni da quattro principali eventi legati alla siccità (rispettivamente nel 1997, 2002, 2012, 2017). Questi eventi hanno causato costi per oltre 5 miliardi di dollari (5.297.496.000), per il 48% dovuti alla crisi idrica del 2017. Lo rende noto Legambiente, citando i dati del centro Emdat (The International Disaster Database), che si occupa di eventi estremi.

COLDIRETTI HA STILATO una mappa dell’attuale sete. Si va dalla provincia di Bergamo in Lombardia (25 comuni rischiano il razionamento) a quella di Novara in Piemonte, da Savona in Liguria, a Treviso e Polesine in Veneto. Danni per l’ortofrutta in Emilia Romagna. Siccità in Toscana, Lazio e Molise. Trebbiatura amara in Puglia, dove ci sono problemi al settore olivicolo. Nella provincia di Crotone è allarme per gli ortaggi. In Sicilia, non c’è pace nella Piana di Catania anche a causa di un sistema irriguo fatiscente. Sempre Coldiretti ha stimato gli attuali danni all’agricoltura, dalla Lombardia alla Sicilia, passando per Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo, Puglia e Calabria, a circa 2 miliardi di euro per effetto del calo dei raccolti. Per Cia-Agricoltori italiani è a rischio fino al 50% della produzione. Le associazioni di agricoltori reclamano interventi strutturali: Anbi e Confeuro hanno ribadito la necessità di costruire nuovi invasi (attualmente solo l’11% dell’acqua piovana sarebbe raccolta).

IN PIEMONTE, LADDOVE nasce il fiume Po che alimenta la Pianura Padana e ha una portata del 72% inferiore rispetto al normale, la situazione resta grave. È stato il presidente della Regione, Alberto Cirio, a tracciarne il quadro: «Sono 170 i comuni con ordinanze adottate o in corso di adozione sull’uso consapevole dell’acqua potabile, cioè finalizzato agli scopi alimentari, e di limitazione o divieto di usi impropri e dieci, concentrati nel Novarese, quelli che hanno dovuto ricorrere all’interruzione notturna della fornitura». Ha, poi, sottolineato che «al momento la situazione è sotto controllo per quanto riguarda gli usi civili dell’acqua potabile, ma abbiamo uno stato di emergenza molto grave per l’agricoltura». Precisa: «Abbiamo bisogno che venga dichiarato lo stato di calamità naturale». Richiesta che Cirio ha inviato a Roma. Pare che, probabilmente a inizio della prossima settimana, Regioni e sindaci del Nord formalizzeranno, una richiesta comune di stato di calamità, che riguarderà soprattutto l’agricoltura.

IL BACINO DEL MEDITERRANEO e quindi l’Italia sono un hotspot mondiale del cambiamento climatico, secondo il report dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), in quanto sono una delle aree nel mondo più sensibili alle variazioni. Per il Wwf con il cambiamento climatico la siccità diventerà una piaga globale. E, in questi giorni bollenti, ricorda l’aspetto naturalistico: «La prolungata siccità di quest’anno – dice il Wwf – ha provocato e sta provocando danni alla biodiversità, soprattutto a tutti quegli organismi legati alle acque interne: il prosciugamento di zone umide, tra marzo e maggio, ha impedito o ridotto drasticamente la riproduzione di molte specie di anfibi, alcune delle quali in uno stato di conservazione già critico».