Nuovi scontri a Beirut. Secondo la Croce Rossa, una cinquantina i feriti tra i manifestanti, di cui vari portati in ospedale. Giovedì il Premier Diab aveva messo in chiaro che se la manifestazione di sabato 6 giugno avesse preso una piega violenta, l’esercito avrebbe reagito in maniera decisa. E così è stato. Gruppi di dimostranti, dopo aver lanciato pietre e oggetti sui militari, si sono scagliati contro le vetrine di negozi ed edifici. L’esercito, che aveva invitato le persone pacifiche a evitare i luoghi dove la protesta fosse diventata violenta, non ha esitato a sparare proiettili di gomma e lacrimogeni.

 

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GLI SCONTRI SONO AVVENUTI subito dopo che era stato vietato a gruppi di Hezbollah e Amal di raggiungere Piazza dei Martiri, nel cuore della città e nei pressi del Parlamento, dove centinaia di manifestanti si erano riuniti. Dalla piazza simbolo della protesta degli ultimi mesi, si potevano sentire chiaramente i sostenitori di Hezbollah inneggiare al loro leader Hasan Nasrallah e gridare ciascun gruppo i propri slogan.

La protesta si è questa volta chiaramente rivolta contro il Partito di Dio – accusato di tenere in scacco il Paese intero – che non ha rispettato la risoluzione Onu 1559 del 2004, la quale sanciva il disarmo assoluto di tutti gli attori politici libanesi. Nonostante ci fossero già stati scontri dall’inizio della rivolta con il gruppo sciita, una presa di posizione così netta da parte dei manifestanti non c’era mai stata. È un punto di svolta.

IL 17 OTTOBRE 2019 il Libano assiste alla più grande mobilitazione di massa della sua storia. Migliaia di persone al grido di kullun, ya’nee kullun (Tutti vuol dire tutti-tutti a casa) scendono per le strade di tutto il Paese per protestare in maniera trasversale, pacifica e apartitica contro la corruzione e l’inefficienza di una classe politica che ha effettivamente portato poi il Paese a dichiarare bancarotta il 9 Marzo 2020. Disattese le richieste – rimozione in blocco della classe politica, governo tecnico per fronteggiare la crisi, riforma del sistema elettorale, fine del settarianismo – la protesta si è trasformata da pacifica a violenta in gennaio.

Il Paese attraversa la più profonda crisi economica della sua storia, la svalutazione di fatto della moneta e un’inflazione senza precedenti. La pandemia Covid-19 non ha aiutato: sono centinaia le attività fallite e nell’ultimo anno la percentuale di persone sotto la soglia di povertà è fortemente salita.

SOSTENITORI delle Forze Libanesi e del Kataeb all’opposizione di governo chiedono elezioni anticipate, gruppi indipendenti della società civile sostengono che esse porterebbero solo al rafforzamento del sistema politico attuale, mentre molti attivisti si appellano all’unità e al senso originale della protesta.

Tuttavia le antiche divisioni mai sopite dalla guerra civile (1975-90) sembrano riaffiorare e lo scontro sembra polarizzarsi. Se è difficile prevedere il futuro, è facile intuire che niente di buono è all’orizzonte.