Associazione per il rinnovamento della sinistra propone di esprimersi con un convinto NO il 20 e 21 settembre nel referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Va contrastato un altro, ennesimo, tentativo di mettere mano alla Costituzione nata dalla Resistenza. Non è la prima volta: già accadde nel 2006 con il governo presieduto da Silvio Berlusconi; così nel 2016 con l’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Entrambi i progetti ne uscirono sconfitti.

Ci opponemmo allora e riteniamo doveroso farlo ora. Naturalmente, si può procedere a modifiche costituzionali anche di singoli aspetti, purché essi siano coerenti con l’impianto della Carta, secondo la logica della “manutenzione intelligente” di cui parlava Stefano Rodotà. Ma non è certamente questo il caso che abbiamo di fronte, un mero taglio lineare.

Con simile scelta, peraltro sofferta e subita dallo stesso partito democratico, si infligge una ferita sgradevole e pesante all’edificio democratico. Il sistema istituzionale italiano è fondato sulla centralità del Parlamento, così composto per dare rappresentanza ad un territorio articolato e complesso basato su province e municipalità diverse tra di loro. Con un siffatto taglio (da 630 a 400 deputate e deputati; da 325 a 200 senatrici e senatori), avremmo assemblee indebolite e condannate ad una progressiva irrilevanza.

Con sproporzioni gravi, particolarmente per quanto riguarda il Senato: ad esempio, tra Trentino Alto-Adige da una parte; Sardegna e Basilicata dall’altra, penalizzate in relazione agli abitanti. Si polemizza con il NO evocando strumentalmente proposte di quarant’anni fa suggerite da Nilde Iotti, Pietro Ingrao, Gianni Ferrara e Stefano Rodotà. Attenzione. Il contesto vale quanto il testo e le citazioni sono uno strumento dialettico delicato: se non si inquadrano storicamente, diventano frasi slegate dal loro senso. Infatti, in quella stagione così lontana, in tutti i sensi, si profilava una vasta ipotesi di riassetto. Si valutava la differenziazione delle funzioni delle due Camere, superando il cosiddetto bicameralismo perfetto, pure attraverso la scelta del monocameralismo.

Il tentativo odierno è, invece, una sequenza del flusso potente e prepotente volto a ridurre fortemente il ruolo delle assemblee elettive in nome di una antipolitica i cui ruggiti – pur affievoliti- stanno alla base dello striscione con le forbici esibito davanti a Montecitorio dal Mov5Stelle.
Si parla di risparmi. Già, il costo di una tazzina di caffè all’anno per persona. Come pure è assurdo sostenere che in Italia le parlamentari e i parlamentari siano troppi. Leggasi l’accurato materiale predisposto dall’ufficio studi della Camera: il rapporto oggi è omologo ai principali paesi europei. Con il taglio, piomberemmo all’ultimo posto tra i paesi dell’Unione.

Si vuole, ecco il problema, addensare le decisioni sugli esecutivi. E con la contrazione numerica sarebbero a rischio i pareri vincolanti, che spesso accompagnano le procedure di nomina degli organi costituzionali di garanzia. Si evoca la coessenzialità – a conferma della scelte avvenute- di una legge elettorale proporzionale. Ma quando e come?.

Si grida (comprensibilmente) alle nequizie del ceto politico. Ma la questione morale, considerata dall’Associazione un tratto decisivo e preliminare rispetto a ogni linea o programma, non è un’invenzione di oggi e neppure un alibi. Richiede una profonda rivoluzione morale e intellettuale, un mutamento radicale dei modelli prevalenti del “partito del capo” e del “partito-piattaforma”. Non una trovata demagogica e pericolosa. E su tale impostazione, che colloca in testa alle priorità l’etica della e nella politica, l’Associazione vuole fermamente impegnarsi a lottare.

L’eventuale conferma del taglio porterebbe acqua alla terribile miscela in ebollizione tra tecnocrazie e populismo, di cui sarebbe la prova sul campo. Chiediamo all’universo dei media di parlare della scadenza referendaria, già inquinata dalla contestualità con elezioni affatto diverse e per di più neppure nazionali. Conoscere per deliberare, innanzitutto. Vigili e batta un colpo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Votare, e votare NO (l’astensione senza quorum non ha senso), per riaprire una volta per tutte un serio dibattito sullo stato delle istituzioni. Il NO è l’occasione per il cambiamento. Per fortuna, molte e molti se ne stanno accorgendo.

*Associazione per il rinnovamento della sinistra