Lungo la cosiddetta Ratlines, al termine del Secondo conflitto mondiale, sono fuggiti in centinaia, forse in migliaia i nazisti e i collaborazionisti di tutta Europa, perlopiù alla volta dell’America latina, ed in particolare dell’Argentina. Molto si è saputo del loro approdo, della «seconda vita» di cui hanno potuto godere presso il regime di Juan Domingo Perón o di una qualunque delle dittature locali, anche nei decenni successivi alla fine della guerra. Eppure quello, il luogo in cui si erano ricostruiti indisturbati un’esistenza tranquilla o bramavano di poter tornare «alla lotta» in nome di un ipotetico Quarto Reich, non era che il punto d’arrivo di un viaggio e di una rete di coperture e complicità di cui avevano potuto godere in Europa, ma soprattutto nel nostro Paese, da parte di alcuni ambienti ecclesiali e perfino in Vaticano.

INTRECCIANDO gli strumenti narrativi del romanziere e l’acume dello storico, Marco Ballestracci ricostruisce in Preludio e fuga di Riccardo Klement (Edizioni alphabeta Verlag, pp. 220, euro 15) una di queste carriere esemplari di nazisti in fuga, forse la più nota, quella di uno dei maggiori organizzatori della Shoah, Adolf Eichmann, sulla cui traiettoria si è fatta principalmente luce dopo la cattura da parte dei servizi israeliani nel 1960 alla periferia di Buenos Aires e il successivo processo che si svolse in Israele. Ballestracci non torna però che in parte su quanto della vita del gerarca nazista è già noto, concentrandosi piuttosto sull’alter ego dell’uomo nell’immediato dopoguerra.

LA STORIA che lo scrittore, nonché musicista, ha scelto di raccontare è infatti quella di Riccardo Klement, il nome assunto da Eichmann durante la sua lunga fuga, ed in particolare del periodo che trascorse, al pari di altri criminali del Terzo Reich, in Sudtirolo, protetto da quanti, nella Chiesa e non solo, ne avevano condiviso l’ideologia e le finalità. Nel farlo, l’autore, colma grazie alla narrativa, in quello che appare comunque come un romanzo storico che sceglie di non scartare mai troppo da quanto è stato documentato da storici e ricercatori, non tanto i «silenzi della storia», quanto piuttosto quelli dei suoi protagonisti.

Dà voce, ad esempio, al vescovo Alois Hudal, il prelato che dalla chiesa nazionale austriaca di Santa Maria dell’Anima tirava le fila della rete delle tonache che protessero i nazisti. «È indubbiamente confortante sapere che ci sono luoghi del mondo che hanno spalancato le porte ai bisognosi che si rivolgono a noi, così da fornir loro un riparo dai persecutori. Tuttavia, non possiamo dimenticare che in Germania e in Austria molte persone sono ancora afflitte sotto il giogo dei nemici», osserva il vescovo perorando la causa dei criminali di guerra in fuga presso il vicario sudtirolose Alois Pompanin.

IL RICCARDO KLEMENT che racconta Ballestracci è perciò un uomo che ha trovato in quell’ambiente, nel circuito sudtirolose dove questi religiosi emergono anche come delle figure di riferimento politico, una nuova possibilità di speranza. Non solo avere salva la vita e fuggire dalle proprie responsabilità, ma immaginare di poter tornare ad utilizzare il nome Eichmann e di rivendicare quanto compiuto nel suo ruolo di convinto burocrate dello sterminio. La via di fuga sudtirolese come preludio ad un nuovo inizio.