Aperto un procedimento penale contro il sociologo marxista Boris Kagarlitsky, professore alla Scuola superiore di scienze sociali ed economiche di Mosca. Sotto la classica imputazione di «sostegno al terrorismo», l’Fsb ha condotto ieri perquisizioni nelle abitazioni dei collaboratori del professore, che conduce il canale mediatico (Telegram e YouTube) Rabkor.

Nel pomeriggio, la figlia di Kagarlitsky non sapeva dove il padre fosse sottoposto a interrogatorio. Già l’anno scorso la giustizia russa aveva aggiunto il professore all’elenco degli «agenti stranieri».

BORIS KAGARLITSKY è probabilmente l’intellettuale russo di sinistra più influente e conosciuto al mondo. Già dissidente ai tempi dell’Urss, ha animato i movimenti sociali ai tempi della Perestroika per poi ritrovarsi nuovamente all’opposizione dei regimi prima di Eltsin e poi di Putin.

Uscito a tratti dalla politica attiva per concentrarsi su stampa (è stato anche un collaboratore de il manifesto) e insegnamento, Kagarlitsky presenta un curriculum quarantennale di attivismo per il movimento socialista internazionale, in particolare nei movimenti antiglobalizzazione di inizio anni 2000. Allo scoppio della guerra civile ucraina nel 2014, ha inizialmente appoggiato la costituzione delle repubbliche popolari separatiste del Donbass.

Al tempo stesso ha sempre denunciato le manipolazioni del destino degli insorti da parte del Cremlino, a suo avviso preoccupato di azzerare il potenziale rivoluzionario che tali formazioni detenevano e quindi pronto a concludere accordi sottobanco con le capitali occidentali.

Kagarlitsky ha sintetizzato la tragedia della Russia contemporanea in termini condivisibili sia dai nazional-patrioti che dalla sinistra antagonista russa parlando di un paese che non può pretendere di costituire un’alternativa «al marcio Occidente quando la sua stessa classe dirigente è marcia fino al midollo…è impensabile sperare che la Russia possa offrire qualcosa di nuovo al mondo se non cambia radicalmente essa stessa. E i nostri circoli dominanti hanno paura di questi cambiamenti mille volte di più di qualsiasi minaccia dall’Occidente».

SCAGLIANDOSI contro l’intellettuale l’apparato repressivo del Cremlino ha dato un’ennesima prova della sua miopia, così da inimicarsi il fronte socialista internazionale che condanna le politiche ucraine che hanno contribuito a precipitare il conflitto. Sul piano interno, le repressioni indiscriminate sembrano dar forma a convergenze fra diversi oppositori. Ieri Alexej Navalnj ha espresso solidarietà a Igor Strelkov, detenuto venerdì scorso, chiamandolo prigioniero politico.