«Meno spese per gli armamenti, più investimenti per le emergenze sanitarie e umanitarie». Così Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu ieri in conferenza stampa a Berlino ospite del ministro degli Esteri Heiko Maas. Assicurando di non volere entrare in alcun modo nel «dibattito interno della Nato» (che pretende dalla ministra della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, il versamento dell’equivalente del 2% del Pil tedesco per l’alleanza militare) e tantomeno nella discussione politica dentro la Grande coalizione, più che infiammata dal rifiuto della Spd di dotare la Luftwaffe dei droni armati ordinati nel 2010 all’industria aerospaziale israeliana.

Eppure la sue parole – ventiquattro ore prima del discorso al Bundestag per celebrare i 75 anni delle Nazioni Unite – sono dirompenti quanto basta a guastare il business as usual che la Bundesrepublik, al pari degli altri Stati dell’Onu, non ha la minima intenzione di riformare veramente.

Da tre giorni nella Germania guidata dalla cancelliera “amica dei profughi” Angela Merkel sono ricominciate le deportazioni dei migranti in Afghanistan, spacciate ufficialmente per «rimpatri» in un «Paese sicuro» nonostante i bollettini di guerra quotidiani e le severe restrizioni di movimento causa Covid-19 che, a quanto pare, riguardano esclusivamente i tedeschi.

Mentre l’economia, in formato bellico e non, ha ripreso a volare quasi come prima come ha certificato ieri l’Istituto federale di statistica con cifre inequivocabili: gli ordini dell’industria locale sono cresciuti dell’1,5% su base mensile (dato di ottobre) con l’aumento dell’1,8% della domanda interna e dell’1,2% sul mercato estero. Significa che rispetto a febbraio (ultimo rilevamento pre-pandemia) l’incremento si è consolidato a quota 2,3%, con buona pace delle catastrofiche previsioni della scorsa primavera.

La Locomotiva d’Europa, insomma, ha ricominciato a sbuffare su tutti i binari, anche e soprattutto grazie ai quasi 18 miliardi di euro al mese che il governo Merkel elargisce per sostenere il made in Germany infettato dal Coronavirus. Non esattamente la priorità «per venire incontro ai bisogni che il mondo sta affrontando oggi, con la crisi sanitaria e le nuove emergenze provocate dal cambiamento climatico e dai conflitti, insieme alle minori risorse stanziate per le operazioni umanitarie, che rendono la situazione già abbastanza difficile da gestire per l’Onu» auspicata da Guterres.

A cui ieri il settimanale Die Zeit ha chiesto conto della sua proposta di cessate il fuoco globale durante la pandemia, che non ha funzionato. «Lo stop alle armi in Libia, Siria e Ucraina sta più o meno tenendo, così come nel Nagorno-Karabach, ma non in Afghanistan. Si tratta di fatti da non sottovalutare, anche se non possiamo essere soddisfatti. Il Consiglio di sicurezza non funziona sotto diversi aspetti e la ragione è molto semplice: il rapporto fra le grandi potenze non è mai stato così divisivo come oggi. Lo vediamo nel deterioramento delle relazioni tra Usa e Cina e tra Usa e Russia. Di conseguenza, le potenze di medie dimensioni operano in varie parti del mondo con la prospettiva dell’impunità e di diventare lo spoiler delle crisi. Guardate alla Libia: lì vari “giocatori” intervengono attivamente inviando armi oppure mercenari».