È che te lo vedi, il film di Paola Cortellesi, e pensi: ma io questa storia già la conosco. E da dove emerge questa coscienza? Emerge dalla nostra storia collettiva di donne, emerge dalla memoria delle nostre nonne e delle nostre madri, viene da lì. Non credo esista nessuno in Italia, che non abbia visto o sentito una storia così, a cui non sia stata raccontata, come monito o come conquista, la storia delle donne poco amate o per nulla amate, messe a lavorare come schiave, schiave dei loro mariti, senza diritti né possibilità di difesa alcuna, in una esistenza grigia e dolente che si protrarrà fino alla morte. Donne che hanno come unica possibilità quella di sperare- sperare non significa riuscirci, ma sperare- che alle loro figlie sia dato un futuro diverso. Non il matrimonio, non quell’uomo padrone, padrone di picchiarti, o toglierti i soldi, o andare palesemente a prostitute, di dire al posto tuo se puoi restare a casa o uscire.

NON ESISTE nessuna donna italiana che non la conosca, questa storia qua. E però se stiamo a parlarne, adesso, se Paola Cortellesi ne fa un film che sbanca il botteghino e io ne sto a scrivere è perché quella speranza delle nostre nonne da qualche parte si è incarnata, ha travalicato gli ostacoli, ha sfondato quelle porte di segregazione domestica e ha potuto far studiare le ragazze. È riuscita a dire: non sarà attraverso un buon matrimonio che ti emanciperai, ma attraverso i libri, attraverso il lavoro. A mia madre, nata nell’immediato dopoguerra a Napoli, accadde proprio così: quella donna interpretata con tanta grazia da Paola Cortellesi è mia nonna, che non consegnava a suo marito tutti i soldi racimolati riparando guanti, ma ne teneva da parte un poco perché sua figlia studiasse. Se io sto qua a scrivere è perché mia mamma ha potuto studiare in un liceo scientifico in cui c’erano solo due donne iscritte e il resto uomini, di nascosto da suo padre che non avrebbe voluto. E ci sono le foto, in bianco e nero, come nella scelta di Paola Cortellesi (omaggio al neorealismo, si dirà, sì: ma la nostra memoria passa da quelle foto, e da quei ricordi seppiati, il neorealismo aveva solo il dono di saperlo raccontare, mentre era) di queste due uniche ragazze con il grembiule, mentre i maschi vestiti come pareva a loro. Questo è quello che è successo, questo. Lo sapevamo? Sì. Serve ricordarlo? Sì. Serve ora, mentre viene aumentata l’iva sugli assorbenti e tolta la gratuità alla pillola anticoncezionale se hai più di ventisei anni. Serve soprattutto ricordarlo mentre la presidente del consiglio finalmente si rivela per quello che è: una donna che non riconosce le donne e abbraccia in pieno la teoria fascista, dittatura che ha avuto come cardine il macho e la subordinazione femminile (per chi ha voglia, su tutti: il decreto regio del 1926 con l’esclusione delle insegnanti dalle cattedre di lettere e filosofia dai licei, e la frase di Mussolini del 1934 «bisogna convincersi che lo stesso lavoro che causa nelle donne la perdita degli attributi generativi, porta all’uomo una fortissima virilità fisica e morale».) Serve ricordare quel passato ora, mentre viene aumentata l’Iva sugli assorbenti e tolta la gratuità alla pillola anticoncezionale se hai più di ventisei anni

PERCHÉ una presidente del consiglio nel 2023 può occuparsi dell’obiezione di coscienza in ginecologia, può finanziare i consultori invece di depauperare la sanità pubblica, può ottenere la parità salariale, se riconosce le donne. Se non le riconosce dice: «una donna che mette al mondo almeno due figli, in una realtà in cui abbiamo disperato bisogno di invertire i dati sulla demografia, ha già offerto un importante contributo alla società».

LA FRASE che ci fa precipitare nella Roma di Paola Cortellesi, che da quell’eredità machista veniva. Ché in fondo se della libertà non sai che fartene è meglio che qualcuno decida per te. Il cardine del film, nel suo commovente epilogo è questo. È un film che racconta di scelte, e racconta pure come quell’altra storia, quella in cui io oggi non starei qua a scrivere, è dietro l’angolo: ma non solo quello appena passato, pure il prossimo angolo. Racconta che quello che le nostre madri costituenti misero in piedi, che il suffragio universale, che la legge su divorzio e aborto, come vengono così vanno. E basta alzare gli occhi al mondo per saperlo. Credo che sia per questo che alla fine delle proiezioni la gente in sala applaude, perché sente la liberazione e il rischio; credo che sia per questo che la mia amica insegnante che è venuta con me al cinema domenica pomeriggio è uscita e mi ha detto: ci voglio portare la mia prima media.