Delle dimissioni «imminenti» del premier Mohammed Shtayyeh si parlava da oltre due mesi. Da quando il segretario di stato Blinken ha cominciato a sollecitare la «rivitalizzazione» dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) indicata dagli Usa come l’entità che dovrà guidare Gaza al posto di Hamas al termine dell’offensiva israeliana. Difficilmente la mossa di Shttayeh, economista in carica dal 2019, basterà a Blinken che si aspetta cambiamenti più profondi.

Washington chiede un’Anp nuova con una struttura più militarizzata per dare la caccia ad Hamas a Gaza come in Cisgiordania. Così Blinken crede di ammorbidire il premier israeliano Netanyahu che continua a escludere un ruolo dell’Anp nell’amministrazione di Gaza. Ma sono pretese ardue da soddisfare: trasformare l’Anp, già priva di consenso, in una milizia incaricata di proteggere Israele vorrebbe dire il suicidio politico per qualsiasi premier palestinese, considerando i sentimenti della popolazione nei Territori occupati davanti ai massacri di civili a Gaza.

Le dimissioni di Shtayyeh più credibilmente aprono la strada a un governo tecnico palestinese. L’Anp pare orientata alla creazione di un esecutivo accettato anche da Hamas. Lo dicono le parole del premier dimissionario: «La prossima fase e le sue sfide richiedono nuovi accordi governativi e politici che tengano conto della realtà di Gaza, dei colloqui di unità nazionale e dell’urgente necessità di un consenso basato su ampia partecipazione ed estensione dell’autorità dell’Anp sulla terra di Palestina».

Il movimento islamico ieri ha frenato chi parlava di accordo praticamente fatto con il partito di Abu Mazen, Fatah, ma appaiono concrete le pressioni di Qatar ed Egitto per riappacificare i due principali partiti palestinesi, nemici dal 2007 quando Hamas prese il potere a Gaza. E in Qatar Abu Mazen un paio di settimane fa potrebbe aver incontrato rappresentanti di Hamas.

Nei prossimi giorni diverse fazioni palestinesi si recheranno a Mosca per un incontro organizzato per superare le divisioni interne. Desiderosa di recuperare un pieno ruolo nazionale, l’Anp punta a darsi una immagine flessibile e aperta al dialogo con le opposizioni.

Hamas, più per necessità che per convinzione, potrebbe accettare di collaborare con Fatah pur di conservare parte del governo di Gaza. Alcuni indicano in Mohammed Mustafa, presidente del Fondo nazionale palestinese, il prossimo primo ministro. Altri il controverso ex capo dell’intelligence Mohammed Dahlan che però ha troppi nemici nell’Anp per essere un candidato credibile.

Su queste ipotesi gravano l’offensiva militare che sta distruggendo Gaza e le intenzioni di Netanyahu, pronto a sfidare l’amministrazione Biden sul futuro di Gaza. A maggior ragione ora che si avvicinano le presidenziali americane e potrebbe tornare alla Casa bianca Trump, alleato di ferro della destra israeliana.