La decisione della Giunta elettorale centrale di ritirare la condizione di deputato della camera catalana al presidente Quim Torra, nonché quella di fare altrettanto rispetto alla condizione di eurodeputato del leader di Esquerra republicana Oriol Junqueras, in carcere, ha scosso il mondo politico spagnolo.

A poche ore dal delicato dibattito di investitura di Pedro Sánchez, in molti hanno letto la mossa come un’ennesima pressione indebita contro la nascita del primo governo rosso-viola in Spagna, soprattutto per mettere in difficoltà Esquerra. La decisione è stata presa a maggioranza (7 contro 6 nel primo caso, e 8 contro 5 nel secondo) e in molti hanno sollevato dubbi giuridici (e politici) sulla faccenda. La Giunta infatti si è basata su una già di per sé discutibile disposizione della legge elettorale (pensata per impedire ai terroristi dell’Eta eletti di essere eletti), applicandola ad hoc per i due politici catalani.

Torra è stato condannato (ma la sentenza non è ancora definitiva: il Tribunale supremo avrà l’ultima parola) per non aver obbedito a una disposizione della stessa Giunta, che considerava che un cartello in favore dei prigionieri politici infrangeva la par condicio elettorale: 18 mesi di interdizione dai pubblici uffici. Anche quand’anche fosse confermata dal Supremo (e lo sarà) non si tratta di un delitto sufficientemente grave da giustificare la misura di ritirargli già lo status di deputato. Per essere eletti presidenti catalani bisogna essere deputati (ma la norma non specifica che accade al presidente se decade come deputato).

La destra già lo chiama «ex presidente», ma la decisione (come ammesso dagli stessi socialisti) è discutibile, anche perché la Giunta ha competenze elettorali, non penali. Sarebbe la prima volta che un presidente eletto viene rimosso in questo modo. Analogo il caso di Junqueras, che attende ancora di sapere se il Supremo assumerà la decisione della corte europea (che ha sentenziato che gode dell’immunità dal giorno della proclamazione degli europarlamentari) e lo libererà o no. Ma la Giunta ha voluto accelerare i tempi in quella che appare a tutti gli effetti come una manovra politica. In ogni caso, i contrari alla decisione hanno 10 giorni di tempo per redigere le loro motivazioni, e fino a quando non verrà consegnata all’interessato la decisione non è esecutiva. Dal punto di vista giuridico, Torra chiederà al Supremo di sospenderne gli effetti fino alla decisione definitiva.

Ieri il Parlament di Barcellona si è riunito alle 5. Sulla tavola una risoluzione di JuntsxCat (partito di Torra, contrario alla fiducia a Sánchez), Esquerra (soci di Torra ma favorevoli al dialogo) e la Cup (contrari a Sánchez), che hanno la maggioranza nella camera catalana, per confermarlo presidente. Lui ha ribadito di riconoscere solo il Parlament che lo ha eletto: «è arrivata l’ora di imporci e difendere la sovranità della camera», ha detto. Anche il leader socialista catalano Miquel Iceta ha chiesto al Parlament di impugnare la decisione della Giunta, che vulnera lo Statuto catalano, ha detto Jessica Albiach di En comú Podem, che ha attaccato la Giunta, ha difeso le istituzioni catalane, ma non Torra, «il peggior presidente della Generalitat», secondo lei. l.t.b.