«Mi sono sembrati secoli, sono felice che questi 979 giorni di separazione tra noi siano giunti al termine». Così il presidente della repubblica turca Recep Tayyip Erdogan ha commentato il ritorno ufficiale nel partito Akp.

Aveva dovuto abbandonarlo con l’elezione alla presidenza il 27 agosto 2014, atto dovuto in ossequio ad una norma costituzionale in vigore dal 1961, ma che ha potuto cambiare consentendogli il ritorno.

La riforma costituzionale, confermata dal referendum del 16 aprile, prevede anche la rimozione dell’obbligo per la carica presidenziale di neutralità nell’arena politica.

Un ruolo a cui Erdogan non si è mai adattato, continuando a frequentare le platee nel ruolo di presidente per promuovere ad ogni occasione la linea del governo. Come nella recente campagna referendaria, con buona parte dei manifesti elettorali del Sì che recavano la sua immagine.

L’Akp si prepara così al congresso straordinario del 21 maggio, quando verrà scelto il nuovo leader. Sarà lui, come confermato anche dal primo ministro Binali Yildirim: «Sosterremo il presidente nella sua candidatura alla leadership». Altre candidature, del resto, non sono attese.

Il congresso sarà anche l’occasione per una ristrutturazione dei quadri interni in vista della prima tornata elettorale con il nuovo sistema presidenziale, prevista per il 2019, e per una valutazione dell’esito referendario, che ha visto una netta perdita di consensi nelle grandi città, soprattutto ad Istanbul.

Nel corso del suo discorso, Erdogan ha anche affrontato l’argomento dell’adesione all’Unione europea: «Non c’è altra opzione che riaprire i capitoli ancora in attesa di discussione: se vengono riaperti, bene; altrimenti sarà addio».

I colloqui di adesione, avviati nel 2005, sono bloccati a causa di alcuni standard in termini di legalità e diritti che la Ue ritiene la Turchia non abbia ancora soddisfatto, oltre alla richiesta di revisione della legge anti-terrorismo e la questione cipriota ancora sul banco.

Ma la svolta del presidenzialismo “a la turca” ha scavato un solco ancora più profondo tra Turchia e Unione e alimentato lo scetticismo verso un progetto sostenuto con entusiasmo soltanto dieci anni fa. In Europa si sollevano numerose voci in favore di ogni cessazione di dialogo, soprattutto dopo che, con il contestato referendum, il Consiglio d’Europa ha riportato la Turchia sotto procedura d’osservazione.

Il commissario europeo Johannes Hahn ha dichiarato che è evidente «come la Turchia si sia allontanata dalla prospettiva europea» e ha invitato a rifocalizzare le relazioni bilaterali su altri temi, come l’economia.