«Ogni guerra è una sconfitta. Non si risolve nulla con la guerra. Niente. Tutto si guadagna con la pace, con il dialogo». Lo ha ripetuto ieri sera papa Francesco in una lunga intervista a Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1, andata in onda subito dopo il telegiornale delle 20.

Il 7 ottobre i miliziani di Hamas «sono entrati nei kibbutz, hanno preso ostaggi, hanno ucciso», poi c’è stata la reazione degli israeliani, ha ricordato Bergoglio. «Nella guerra uno schiaffo provoca l’altro. Uno forte e l’altro più forte ancora e così si va avanti. La guerra è una sconfitta. Io l’ho sentita come una sconfitta in più», ha detto ancora il pontefice, ribadendo la storica posizione della Santa sede su Israele e Palestina: «Due popoli che devono vivere insieme, con quella soluzione saggia dell’accordo di Oslo: due Stati, ben limitati, e Gerusalemme con una status speciale».

La posizione pacifista del papa però non piace a tutti. In particolare non piace a Israele, che si aspetterebbe da Bergoglio una chiara scelta di campo (uno schema già visto nella guerra in Ucraina, con Zelensky spesso critico nei confronti del pontefice non allineato alle posizioni di Kiev e della Nato).

Il papa deve schierarsi, «ci tengo a sentire una dichiarazione molto forte anche dalla Santa Sede» contro Hamas, ha chiesto il presidente israeliano Isaac Herzog dialogando con Bruno Vespa a Porta a porta martedì sera. E qualche giorno prima Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunità ebraica di Roma, aveva scritto alla Repubblica, nella giornata di digiuno e di preghiera per la pace promossa dal papa: «Si può pregare per la pace, ma bisogna vedere di quale pace si tratti, se è una pace in cui il male sia sconfitto o una pace che soddisfa gli aggressori e i violenti, e lascia gli sconfitti feriti e offesi», si legge nella lettera di Di Segni. «Le guerre sono sempre un’offesa alla dignità umana, comportano morte e distruzione, e certamente vanno evitate, ma quando è in gioco la propria esistenza davanti a un nemico irriducibile l’alternativa pacifista è discutibile anche moralmente».

Eppure da parte del papa fin dall’inizio c’è stata sia la condanna del «terrorismo» di Hamas, sia gli appelli per la liberazione degli ostaggi israeliani. Insieme però alla critica alla reazione spropositata di Tel Aviv, alla denuncia della «situazione disperata» a Gaza e soprattutto al no alla guerra: «È la distruzione della fraternità umana, Fermatevi!». Forse è proprio questo che non piace.