Non sono mancate le sorprese nella quinta e ultima giornata del Forum del Dialogo libico (Lpdf) a Ginevra che ha visto l’elezione del nuovo organismo esecutivo in Libia. A vincere nella votazione dei 75 membri del Lpdf è stata la lista dell’imprenditore 62enne di Misurata Abdul Hamid Mohammad Dbeibeh, secondo la stampa araba vicina ai gruppi islamici. Dbeibeh sarà il premier del governo transitorio che dovrà condurre il paese alle elezioni del 24 dicembre prossimo, 70esimo anniversario dell’indipendenza della Libia.

Il neo premier è un personaggio quantomeno controverso: il suo clan è stato accusato di aver corrotto due delegati del Forum e lo stesso Dbeibeh è stato eletto da un meccanismo che solo fino a poco tempo fa aveva criticato perché «gestito da persone che non conoscono la realtà libica». Vicino a uno dei figli di Gheddafi (Saif al-Islam) – ma ha smentito una vicinanza al passato regime – si era già candidato come «alternativa» al premier del Governo di Accordo nazionale (Gna) al-Sarraj e al generale cirenaico Haftar nel 2018, strizzando l’occhio a Parigi.

Alla guida del nuovo Consiglio di presidenza, ora ristretto a tre membri in rappresentanza delle tre macroregioni libiche (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan), ci sarà invece il cirenaico Mohammad al-Manfi, anche lui vicino all’Islam politico. Vicepresidenti saranno Abdullah al-Lafi (accusato di essere un islamista radicale) e Musa al-Kuni.

A perdere a Ginevra sono stati Saleh e Bashagha, rispettivamente presidente del parlamento non riconosciuto della Cirenaica e ministro degli Interni del Gna. I due erano stati indicati come i «favoriti» dagli analisti: il primo perché unico partner cirenaico credibile per la pace con Tripoli; il secondo perché uomo forte della città-stato di Misurata da mesi in rotta di collisione con il premier al-Sarraj con cui non sono mancate tensioni. Altro dato rilevante che viene da Ginevra è che nessun esponente del neo-quartetto è di Tripoli: la capitale sempre più politicamente spodestata.

«La nuova autorità libica dovrà impegnarsi a sostenere la piena attuazione del cessate il fuoco (raggiunto lo scorso 23 ottobre, ndr)», ha detto nella conferenza finale la rappresentante ad interim dell’Onu in Libia (Unsmil), Stephanie Williams, che a breve sarà succeduta dallo slovacco Kubis.

Williams ha poi ricordato che il premier dovrà formare entro 21 giorni il suo gabinetto e presentare il suo programma al parlamento per ottenere la fiducia entro 21 giorni dalla presentazione dell’esecutivo. Qualora non dovesse ottenere la fiducia, la palla passerà nuovamente al Forum. L’Onu chiede «unità e inclusività di tutti i libici». A partire dalle donne: la lista vincitrice ha già promesso che garantirà loro almeno il 30% del gabinetto.

Ma il primo banco di prova del voto di Ginevra è la reazione del paese. Se l’Islam politico canta vittoria, gli altri gruppi per ora tacciono. La Libia distrutta dalla Nato nel 2011 è luogo dove abbondano armi e milizie spesso rivali, come quelle di Sarraj e Bashagha.

Accetteranno i risultati? Il voto di Ginevra è un passo in avanti, ma non dirama le nubi sulla Libia. Lo sa bene il Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha deciso l’altro giorno di dispiegare una squadra di osservatori («una forza leggera») per monitorare il cessate il fuoco.